December 14, 2022

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Come vi dicevo, io e la Marysun abbiamo scambiottato le rubriche, quindi vi porgo la prima umile recensione cinematografica e seriale della mia rubrica. Grazie a Marito, parto male, ma così male, che volendo far peggio restava solo la recensione di un film dei Me contro Te. Vi parlo di Odio il Natale, serie italiana ambientata a Chioggia, dove non ce n’è manco uno, a sfoggiare un accento veneto. Hanno studiato tutti dizione? Va bene. Non mi pare comunque il problema più grosso di una serie del 2022 il cui motore narrativo consiste nel solito: Dio, devo trovare un fidanzato per Natale, altrimenti mia mamma s’incazza perché vuole che tutti trovino il loro posto nella vita (e la protagonista Gianna, con tanto di sfondamento di coglioni quarta parete, ce lo dice in voice over, mentre la suddetta mamma mette a posto una rondella di carota malauguratamente caduta fuori dal branco di carote, in una teglia al forno organizzata come un blister). Ve lo giuro su Dio, io sono una che ama i cliché e va a regalarli in giro tenuti insieme da nastrini colorati. Sì, sì, giuro. Il Natale? Il mio periodo preferito dell’anno. La sospensione dell’incredulità? Il mio pane-ttone quotidiano. Ma quando entro a contatto con serie che sembrano scritte da sceneggiatrici che si sniffano le briciole di torroncino prima di lavorare, perdo la ragione. Vi dico solo che, intorno al minuto… boh, 15? C’è una scena col vischio talmente triste e umiliante per il genere femminile in primis e per la razza umana tutta che ho implorato Marito di guardare Fast&Furious, e dico l’ultimo, quello in cui vanno in macchina nello spazio. Lui ha detto no. Gli ho chiesto di cavarmi gli occhi, allora.

Eh, Gianna? Cazzo sei tu, una rondella di carota? La mamma ti dice di venire accompagnata a Natale, altrimenti ti mette al tavolo dei bambini? Se non sono bambini ninja assassini, la situazione non mi sembra tanto tragica, ma tu corri (anzi, pedala, che questa si muove in bici) a presentarci un possibile fidanzato per puntata talmente stereotipato da farci venire voglia di tornare single e farti vedere come cazzo si fa, a partecipare al pranzo di Natale non accompagnati. Che poi… nel 2022. Tra Covid, gastroenteriti, influenze e un buon Mamma, hai finito di rompere i coglioni?, senza contare un sacrosanto femminismo che ci insegna a trovare il nostro posto nel mondo a dispetto di ruoli prestabiliti, siamo ancora qui. E anche… ma la vogliamo avere una protagonista che desidera trovare qualcuno con cui fare cose spontaneamente? Nessuna che deve essere accompagnata a un matrimonio, a una cena dei coscritti, a una reunion di classe di tal annata e essere pesata a seconda di chi si porta, no. Una che guarda la sua amica mentre si stanno sbronzando e dice: oh, io uno di cui innamorarmi, beh, lo vorrei incontrare, il problema è che sembra non ce ne siano più, in giro. Ma figuriamoci, tutte costrette da qualcosa o da qualcuno, tipo bambini ninja assassini. Comunque. Gianna inizia la sua ricerca: per poter saltare da uno stereotipo maschile all’altro senza sembrare una che rinuncia a ogni logica di interazione perché nelle prime puntate DEVE incontrare solo idioti, si appoggia alle amiche stereotipate, che magari, nel piattume generale, chi lo nota, che sono tutti bidimensionali e campati per aria? Il primo appuntamento è al limite della follia. Lui e lei, in un bar, aperitivo. Pinzimonio sul tavolino, ciotolina di patatine nelle mani di lui. Lei, in voice over, si lamenta del fatto che lui mangia le patatine e lei niente. Posso almeno un sedanino, eh? Se ne esce quindi, scazzata. Cosa cazzo vuol dire, posso un sedanino? Poi, il caso umano deve interpretarlo lui. Giuro che a quel punto persino Marito ha vacillato.

Vogliamo salvare qualcosa, per tacita imposizione di uno spirito natalizio che ci vorrebbe buone e speranzose? Lo splendore di Chioggia, le location dentro cui si muovo i personaggi, il montaggio veloce, un senso del ritmo calzante, la voglia di ricordarci che a Natale possiamo credere in tutto quello che vogliamo, e, vi ripeto, il fatto che certi personaggi aderiscano perfettamente al nostro immaginario prototipico, male non fa. Ma i continui dialoghi assurdi, santo cielo, i colpi di testa assolutamente immotivati della protagonista, le continue lamentele a seguito di atteggiamenti che lei suppone di aver colto nei candidati, e il peggio dei comportamenti che si stringe palesemente addosso mi fanno dire dal profondo del cuore: prendetelo come un manuale seriale su cosa NON porsi come obiettivo nella vita, nonostante il finale illuminato (dalla scoperta dell’acqua calda, ovviamente, con finale, bah, aperto).

Voto? Non ci penso nemmeno, che siamo quasi a Natale e DEVO essere buona.

Giulia

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