June 7, 2021

Categoria: Amore e dintorni

Tempo di lettura: 4 min.

Miei teneri piccoli cuori fracassati e solitari, vogliamo prenderci una pausa dalle creme spalmabili marroni? Fate le brave. Scrivere “senza olio di palma” equivale a inserire nei titoli di testa la frase “tratto da una storia vera”. E, non so se mi state seguendo, ma la parola sPALMAbile mi sembra una dichiarazione d’intenti abbastanza palese. Da oggi si cambia vita! Cureremo le ferite sentimentali a suon di pellicole romantiche e lieti finali, ottimismo subliminale e vibrazioni positive, appuntandoci mentalmente le intuizioni narrative degne di essere riciclate nel nostro quotidiano. E dato che i film li scelgo io, preparatevi a essere travolte dalle intuizioni riciclabili.

Da dove si inizia una rubrica cinematografica romantica estiva? Forse vi aspettavate un film d’autore, forse uno invischiato fino al collo nella storia del cinema mondiale o magari qualche trasposizione di classici ottocenteschi, ma Keira Knightley, ve lo dico, io qui non la faccio entrare, soprattutto se coperta di trine, merletti e insicurezze da stagione londinese. Se una settimana vi ritrovate la KK che corre nei prati monologando il suo amore, chiamate il 118.

Quindi? Quindi partiamo con “lui”, il cinema discutibile tratto dal libro fenomeno che a chiamarlo libro offendi gli scrittori, ma pieno di spunti e intuizioni da appuntarsi con l’indelebile: 50 sfumature di grigio!

TRAMA CON RIGOROSI SPOILER

La ventunenne Anastasia “Ana” Steele studia letteratura inglese e, nonostante abbia le fattezze di Dakota Johnson e il fine DNA di suo padre, beh, è vergine, timida, imbranata, insicura e secchiona. Il perfetto prototipo della protagonista di un film romantico. Un bel giorno la sua amica e coinquilina si ammala di uno di quei raffreddori banali ma estremamente contagiosi, e alla Ana Dakota tocca un atto di gentilezza: la sostituisce nell’intervista per il giornale scolastico al megamultimiliardario imprenditore filantropo Christian Grey, di 27 anni. Le domande dell’intervista (scritte dall’amica cerebrolesa) cercano di gettare luce su un mistero pari solo a quello della vita oltre la morte: come mai Christian non esce con le donne?? Sono argomenti. Tra i due, complice la sagacia delle domande, scatta la scintilla. Ma non se lo possono dire subito, ci mancherebbe. Deve iniziare il lento e meraviglioso giuoco dell’amore, fatto di caselle “lui va dove lavoricchia lei” e “lei si ubriaca e chiama lui sperando che l’alcool sia una scusante alla sua idiozia” e, in breve tempo, si arriva alla fine del tabellone e alla risoluzione del mistero di cui sopra: come mai Christian non esce con le donne?? Perché lui non fa l’amore, il piccolo megamultimiliardario pervertitello, ma scopa forte. Essì. Scopa. Forte. Quindi fa firmare un dettagliato contratto alla “donna di turno” per assicurarsi discrezione e giornate intere di trastullio nella sua stanza dei giochi, oasi suppergiù bondage per ricchi dominatori traumatizzati. Ma Ana, signore mie, è diversa. Lei vuole la storia d’amore, mica le frustate. Quindi firma il contratto solo a fronte di sagaci revisioni da persona normale (uscite a cena o al cinema, ve le ricordate quelle cose che si facevano prima del Covid?) e scopre le gioie del sesso con un ricco dominatore traumatizzato, ma, in dirittura d’arrivo (ovvero alla fine del primo libro e film della trilogia) lui le mostra tutta la sua “perversione” e lei, ferita e delusa, se ne va.

P.S. Virgoletto perversione perché, agli occhi di chi davvero pratica bondage e sadomaso, quello che fanno questi due barabini nella stanza dei giochi ricorda in modo imbarazzante l’approccio “all’italiana” di Banfi e la Fenech. Oh, ma chi sono io per giudicare, che se per sbaglio Marito mi molla una pacca sul culo, inizio a urlare come una scimmia cappuccina. E, prima che giudichiate anche voi, vi chiedo di mettervi nei panni di una donna che incontra un uomo schifosamente ricco e con autista e elicottero privato che ti invita a casa sua per farti vedere un armamentario di fruste e trinciapolli… scusate, mi sono appena riletta. Ma a chi cazzo capitano queste cose??

FINE TRAMA

Prima liberiamoci di un preconcetto pesante. 50 sfumature di grigio appartiene a quel genere “romantico” sempiternamente bistrattato dai puristi della letteratura, quelli che trovano ripugnanti le storie che non ti trascinano nel baratro della debolezza umana e che non ti fanno piangere per almeno un quarto del tempo dedicato alla lettura. Aggravante da ergastolo, la storia d’amore si srotola su un caldo tappeto erotico pornografico distorto, che, da bravo metronomo per masse, scandisce il tempo del loro amore. Significa che se cercate la “visione d’autore”, 50 sfumature non fa al caso vostro, nemmeno se a dirigere la pellicola viene chiamata una regista impegnata del calibro di Sam Taylor-Johnson. Una torta margherita non si trasforma in una Pavlova, nemmeno se la fai cucinare a Ernst Knam. Anzi, la nobile lentezza con cui la signora Taylor-Johnson gira i dialoghi iniziali per far circolare l’afosa aria di attrazione serve solo a farti venire voglia di prenderli a calci in culo per spronarli all’azione. Ci siamo?? Dulcis in fundo, come la mettiamo con le scene di sesso che tappezzano tutta la storia? O si va di porno, o si girano ridicole scene con il povero Dornan in jeans strappati e frusta alla mano su tappeto di ralenty.

Passiamo a cenni di analisi psiconarrativa. Tanta letteratura degli ultimi decenni si basa sulla dicotomia “femmina single rincoglionita come un bicchiere di plastica” e “uomo forte e virile” (e molto ricco) e, anche in questo caso, il prototipo femminile viene reiterato al punto da farci credere che essere single significhi essere idiota e inciampare dappertutto (la delicata sfumatura del disequilibrio fisico arriva dalla Bella di Twilight, un capolavoro di inettitudine da far venire le convulsioni persino agli sceneggiatori Disney della golden age, e da cui, E.L. James non ha fatto mistero, ha preso qualche pessimo spunto). Ma si varia piacevolmente nel caso del protagonista maschile: forte, virile, ricchissimo, ci ri-siamo, ma fortemente compromesso da un trauma infantile, il che ci offre una variante al ricco “disturbato q.b.” o “malato fisicamente”. Viene curato impropriamente da un’amica della madre adottiva, che gli insegna a indirizzare il suo dolore, e quindi a controllarlo, “nell’amore forte”, alternativo, assolutamente maschilista, ma, attenzione, consensuale. Vuoi che ti infili palline goderecce negli orifizi? Firma. Allora, seppur deterso con l’Amuchina, questo fantabondage inizia a lanciare un messaggio a mio avviso profondo: il sesso ci piace e non dobbiamo vergognarci di dirlo e farlo per ricavarne assoluto godimento o alleggerimento a un qualche tipo di pena. Famolo strano, su. Basta che lo famo e che non se vergognamo, occhei??

Alla controparte femminile dobbiamo appioppare un secondo meccanismo poco originale, ma indiscutibilmente vero e, per questo, molto apprezzato e sentito: Ana si lascia investire frontalmente dalla sindrome della crocerossina, per cui, nonostante le venga subito palesato il modus operandi di Christian, accetta di stare con lui convinta di poterlo cambiare. Perseverare potrebbe essere diabolico, ma paga, se fatto amorevolmente. Passando dal piglio di un bicchiere di plastica alla pazienza di una relazione sopra le righe, Ana riesce a ottenere un amore su misura, frutto di un compromesso lungo una trilogia, perché il finale da fiaba ci sta a pennello anche sulle fascette.

Vogliamo prendere spunto? Siamo qui apposta.

Primo spunto riciclabile: per quanto sia al limite dell’idiozia rifiutare un’intervista con un multimegamiliardario PER UN RAFFREDDORE, vi spingerei a prestare attenzione al delicato passaggio: “un bel giorno la sua amica e coinquilina si ammala… e lei la SOSTITUISCE” mettendo in moto la possente macchina del destino. Lo so, visti i tempi che corrono, è meglio non avere amiche raffreddate, ma, nel caso vi capitasse di fare un favore a chicchessia, invece di sbuffare, fatelo con gioia, il destino potrebbe essere dietro l’angolo nei panni di un individuo border line.

Secondo spunto riciclabile: per quanto frizzante come un’aragosta impiattata, Anastasia rappresenta L’ELEMENTO DIVERSO che sconvolge la vita di Christian Grey. Vergine, innanzitutto, che mi dicono essere un accessorio molto apprezzato da parecchi maschi, e tendente a restare fedele ai suoi principi (quelli delle aragoste impiattate, ma comunque molto diversi dalle ragazze che popolano il mondo abituale di Christian). Riesce a renderci fiera di lei solo quando, ‘mbriaca come un irlandese il giorno di San Patrizio, gli telefona dal bagno, confessa di dover fare un sacco di pipì, e lo imita con tanto di alterazione vocale.

Terzo spunto riciclabile (ma primo per importanza): non abbiate paura di sperimentare cose nuove, se la “vostra dea interiore” (che poi sarebbe l’autostima o semplicemente la vagina??) potrebbe giovarne. Nessun preconcetto o timore di sorta. Volete farlo? FATELO. I giudizi li restituiamo al mittente. Questa trilogia ha abbattuto come un treno in corsa i finti perbenismi sociali del sesso. Proprio vero che non tutto il male viene per nuocere!

Un’ultima cosa, perdonatemi. Ma l’ho notato solo io che l’attore che interpreta Christian Grey, Jamie Dornan, ha un problema all’occhio destro?? Non si chiude come l’altro e resta sbarrato in modo abbastanza inquietante. No??

Giulia

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