January 20, 2021

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Tempo di lettura: 3 min.

E’ arrivato finalmente il 2021. Mai un anno è stato tanto desiderato, acclamato e atteso. Povero! Fossi io nel 2021, sarei agitatissima: troppe aspettative. Non si può sovraccaricare un anno in questo modo. L’anno della rinascita, della speranza, della luce fuori dal tunnel.

Io stavo aspettando il 2021 da qualche anno. Eh sì, quando ci sono anni di anniversari con la cifra tonda, vengono fatte numerosi pubblicazioni, eventi, si rispolverano archivi, escono articoli inediti. Io che ho una passione per la storia, unita ad un’attenzione maniacale per gli anniversari, tengo sempre d’occhio le ricorrenze, sperando che in tv diano un film nuovo sull’argomento, che in libreria si possa trovare una nuova pubblicazione, che ci siano concerti in giro o spettacoli teatrali.

Quindi, attendevo quest’anno per due motivi importanti: il centenario della nascita del PCI ad opera del più grande intellettuale italiano di sempre, Antonio Gramsci, e il settecentenario dalla morte di Dante.

Sul primo evento, fantasticavo di recarmi a Livorno il 23 gennaio (il 21, data corretta è giovedì e non avrei potuto muovermi), alla ricerca di eventi e celebrazioni che ci sarebbero state. Adoro recarmi nei luoghi dove le cose sono successe perché mi sembra di poter cogliere al meglio lo spirito con le quali le cose si sono nutrite. Solitamente mi guardo attorno, osservo le case e gli alberi e mi chiedo che cosa potrebbero raccontare, se potessero parlare. Ovviamente non andrò a Livorno il 23 gennaio, ma appena torniamo in zona gialla, mi fionderò in libreria per acquistare qualche libro sull’argomento. Sull’anniversario della morte di Dante nutro ancora qualche speranza, giacché si celebrerà a settembre. Sono già stata a Ravenna, varie volte. Ci ho portato anche i bambini e ci sono delle foto che lo testimoniano: in una ci sono io che lancio occhiatacce al mio grande, colpevole di non cogliere la solennità del momento. Nell’altra ci sono i due che ridono tra di loro, mentre io ho il naso in su e gli occhi velati di commozione. Come spesso accade nei nostri viaggi in giro per l’Italia. Ma io nutro la speranza che, così facendo, il seme venga piantato e una volta passata l’età della stupidera, dia i suoi frutti.

Per cominciare a prepararmi all’evento, ho letto il libro che lo storico Barbero ha scritto e che si intitola semplicemente Dante. Molto bello, forse non tanto divulgativo, come appare invece il suo autore quando spiega un qualsiasi argomento. E’ un libro nel quale Barbero, utilizzando esclusivamente le fonti storiche in possesso, ripercorre la vita di Dante, confermando o molto più spesso mettendo in dubbio le poche notizie sulla vita del poeta stesso. Come spesso accade, mi è venuta “la fregola” di correre a Firenze e girovagare nel “sesto di Porta San Piero” (che ovviamente non esiste più), cercare i riferimenti topografici presenti nel libro e immaginare che per quelle stradine Dante giocava, correva e più grandicello scherzava con i suoi amici. Donne nulla, poiché Barbero ci ricorda più volte che a quel tempo le giovani fanciulle uscivano solo per andare in chiesa la domenica mattina. E come fece ad innamorarsi di Beatrice? Beh, le donne sposate potevano uscire di casa e come lo stesso Dante ci racconta nella Vita Nova, la incontrò quando entrambi avevano 18 anni. Lui si innamorò, ma lei era una donna già sposata. Pensate che Dante, dopo aver sposato Gemma Donati (su questo matrimonio fitto di misteri Barbero scrive un intero capitolo) chiamerà una delle sue figlie Beatrice! Sarà stata contenta Gemma!

Voglio poi rivedere piazza della Signoria e sedermi sui gradini della fontana del Tritone e provare ad immaginare a tutti gli intrighi politici che portavano in quegli anni a guerre civili, dove le fazioni avverse si combattevano a suon di esili e di sequestri reciproci. Proprio in seguito ad una di queste battagli, Dante venne mandato in esilio. Barbero cerca di ricostruire gli spostamenti di Dante, con molta difficoltà perché le fonti languono. Però in me ha instillato il desiderio di recarmi in alcuni castelli sull’Appennino toscano, dove pare abbia soggiornato. Appena possibile mi recherò a Verona e sotto la statua gigante di Dante in piazza Dante, vorrei abbracciarlo, per quanto deve essere stato doloroso l’esilio e la vergogna del come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale. Insomma, emerge un quadro dell’uomo Dante che assomiglia molto a quel personaggio molto contraddittorio che io ho sempre amato: un po’ incazzoso, un po’ tenero, un po’ invidioso, un po’ giocoso, un po’ innamorato, un po’ impegnato, un po’ disperato.

Ma soprattutto Barbero mi ha fatto venire un desiderio irrefrenabile di rileggere la Divina Commedia. Ma per passar dalle stelle alle stalle, vi voglio segnalare anche La versione della Divina Commedia riveduta e scorretta ad opera in un gruppo social. La sto leggendo, non l’ho ancora terminata, ma trovo l’operazione molto carina, soprattutto per un pubblico giovanile. Ne sto leggendo dei brani in classe e quando gli alunni mi dicono: “Profe, ma davvero Dante scriveva così? Ma davvero Dante sveniva in continuazione? Ma davvero Dante diceva tutte quelle parolacce?’” andiamo sul testo della vera Commedia e lascio che le parole di Dante rispondano alle loro domande.

Dante e Gramsci sono figure esemplari, accumunate da un solido spessore intellettuale, ma soprattutto una coraggiosa passione politica che costò ad uno l’esilio perpetuo e all’altro il carcere a vita. E nonostante questo, dall’esilio e dal carcere hanno continuato a raccontare, trovando nella scrittura il modo di continuare a non essere indifferenti al mondo che li circondava. Dante ha scritto la più grande opera descrivendo la sua visione del mondo, l’altro ha fondato il più grande partito comunista con una visione di mondo dove tutti si fosse più uguali.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

(A. Gramsci, Scritti giovanili, 11 febbraio 1917)

Cindy

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