October 13, 2023

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Tempo di lettura: 3 min.

Chick chick ragazze mie, brindiamo all’invenzione di una specifica nervatura romance che ci racconta di giovani folli ragazze (noi) mentre infila gli indici nelle nostre guanciotte da lettrici, uno per lato, e spinge finché non ci spunta un sorrisone sulla faccia. Quanto fanno ridere, i chick lit? Sono una vera pollastrella, li leggo li bevo li adoro (e li scrivo. Scusate la botta di egomania) e probabilmente guardo male quelli che preferiscono le biografie.

Quindi, ecco a voi la recensione del libro Quando meno te lo aspetti di Chiara Moscardelli, edito da Giunti. Ora, sulla quinta di copertina ho scoperto che il suo libro d’esordio, sempre per Giunti, si chiama Volevo essere una gatta morta. Ma esiste un premio al miglior titolo? Perché dovrebbe esistere, santo cielo, e dovrebbe vincerlo la Moscardelli.

Comunque, leggete qui.
Piacere, Penelope Stregatti, sono una giornalista, hai per caso letto il mio ultimo quiz per trovare il punto G?
Non vedo perché provare a descrivervi la protagonista di questa storia, quando lei lo fa benissimo da sola. Un attimo, poi continua:
Piacere, Penelope Stregatti, promuovo pannolini. Se vuoi ti regalo dei campioni, ce n’è uno alla lavanda che è strepitoso.
Insomma, la nostra eroina lavora come promotrice alla Pimpax e scrive test e oroscopi sessuali per la rivista Girl Power. E una sera, lasciando una festa dove non se l’era filata nessuno, mentre pedala rimuginando sulla sua sfiga sentimentale, investe un pover’uomo. Sbem. Centrato in pieno. Gli spatascia una caviglia e segue l’ambulanza che porta il malcapitato al pronto soccorso in bici. Penelope era ubriaca marcia e c’ha le allucinazioni oppure costui assomiglia in tutto e per tutto al conte Ristori, ovvero la personale versione della protagonista del principe azzurro? In ospedale scopre che si chiama Alberto Ristori. Incredibile. Purtroppo lo perde di vista a causa di un secondo svenimento: prima della festa si era flambata un pezzo di gamba appoggiandosi alla marmitta bollente di una moto.

Ora, lei ha tre cari amici, Federico, Bianca, Letizia e un allegro collega del reparto marketing della Pimpax, a cui chiede lumi sulla sua sfiga colossale. Sbircia la lista di desideri stilata in gioventù, e scopre che la sua sfiga tutto sommato è democratica, la colpisce in tutti i campi, non solo quello amoroso. Quasi quarant’anni e nessun punto flaggato, robe da record. Mentre narra le sue gesta in prima persona, e ci racconta attraverso gustosi flashback i consigli che la nonna maga (tarocchi, pendolo e pure bacinella d’acqua, parrebbe) le ha elargito prima che si trasferisse a Milano da Bari, e che continua a elargirle telefonicamente, noi ci sentiamo come se l’autrice avesse chiesto a noi come ci sentiamo la maggior parte delle volte, e poi l’avesse usato per descrivere Penelope. Il che, spostato alla distanza necessaria a farci (ri)vivere le cose da un punto di vista esterno, pur molto coinvolto, fa effettivamente molto ridere. Mia sorella faceva i tarocchi, se vi interessa.

Non pensate che sia una cronaca di una affetta da “casiumanite”, anche perché forse il caso teneramente umano sarebbe lei, che rivede il suo ex dappertutto e si accollerebbe persino a uno che indossa una cravatta coi cammelli, comunque… torna il signor Alberto caviglia sfracellata Ristori. Ma non si chiama Alberto Ristori e non ha più gli occhi verdi, bensì Riccardo Galanti e occhi scuri che Penelope giustifica con un paio di strategiche lenti. Professione: eroe della Pimpax, colui che viene chiamato a risollevare le sorti di un’azienda che sta tracollando con licenza di licenziare (eh) e di farsi acquisire da un gruppo di investitori cinesi. Indovinate chi viene scelta per affiancarlo nello spinoso ruolo della segretaria? Esatto, proprio la nostra Penelope.

Da lì in poi, con la doppia identità dell’uomo e un losco viaggio di affari nella città più romantica del mondo, la storia vira nel franco barese mistery romance, e se già era difficile staccarsi dalla lettura prima, da quel momento te lo mangi proprio, il libro. Divertente barra esilarante barra te lo bevi (mangi e bevi, un pasto completo) barra corri a cercare i libri della scrittrice, ormai assuefatta al suo modo di conoscerti e farti stare bene.

«Ma ci conosciamo? Mi sembra di averti già vista. Scrittrice?»

«No.»

Ma che aveva in testa? Un cappello di paglia?

«Autrice televisiva? Lavori per Fazio?»

«No» figuriamoci. «Giornalista» mi scappò, ora dovevo dirgli del punto G.

«Veramente? Anche tu? Ma anche io! Oltre a essere uno scrittore, ovviamente.»

«Ovviamente.»

Un’altra caratteristica di Milano era la presenza ingombrante di scrittori. C’erano più scrittori che lettori, molto attenti al look e con tanto tempo a disposizione per parlare di sé e questo qui sembrava rientrasse perfettamente nella categoria. Indossava una cravatta viola con dei dinosauri disegnati. Dinosauri o cammelli?

«Ecco dove ti ho visto, al master! Ma sì certo, mamma mia quanti anni sono passati.»

«Beh dai, mica tanti.»

Cammelli, decisamente cammelli.

Giulia

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