September 15, 2023

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Non vorrei fare subito polemica, ma quando ho saputo che sarebbe uscito il terzo film di Kenneth Branagh sul mio adorato investigatore sferico belga Hercule Poirot, non ho potuto fare a meno di infilarci la recensione dell’omonimo libro di Agatha Christie, Assassinio a Venezia. Scartabello Amazon. Trovo la copertina ormai restaurata per l’imminente uscita cinematografica, mi scarico l’estratto e ci trovo pure la prefazione dello sceneggiatore. E poi vado in biblioteca a prenderlo, così mi faccio coccolare dalla carta. E la bibliotecaria più migliore (Cindy, lascia correre) del pianeta mi dice: qual è il titolo, scusa?

Omonimo un paio di balle. In Italia si chiama Poirot e la strage degli innocenti e ha una copertina a zucche che ve la raccomando, mica la versione patinata col teschio (Kenneth, ce l’hai messo tu, vero? Amleto vibes, devi darti un contegno quando pigli la roba altrui, santo cielo). Comunque, il libro è stato pubblicato nel 1969 con il titolo di Hallowe’en Party, che, avendo letto la storia che parla di un omicidio avvenuto durante una festa di Halloween, è il più logico. E infatti è quello scelto dall’autrice.

Bene. Quando ho raccontato le mie vicissitudini bibliotecarie a sorella, lei mi ha chiesto: e quindi come mai l’assassino si è spostato a Venezia? Ho risposto che se mi dava tempo di leggere il libro, glielo dicevo. Niente. Nel libro non si muovono da Woodleight Common, il paese che ospita la famosa festa di Halloween durante la preparazione della quale Joyce, una tredicenne definita da tutti “una bugiarda che racconterebbe di tutto pur di attirare l’attenzione”, dice di aver assistito a un delitto. Davanti a lei, guardate caso, ci sono mezzo paese e la scrittrice di gialli Ariadne Oliver, grande amica di quel baffone di Poirot. Nessuno le crede. Io sì, le ho creduto, sappiatelo. Fatto sta che Joyce viene uccisa proprio durante la festa e lasciata poco pietosamente con la testa a mollo nella bacinella d’acqua usata per un gioco con le mele, in biblioteca. La biblioteca è nella casa della signora Drake, sempre a Woodleight Common. Sarà madame Oliver a correre a Londra e pregare l’amico di investigare, e il nostro Poirot, diligente, si mette all’opera per dissotterrare una serie di morti poco chiare, ma soprattutto mai collegate, che sono avvenute in quel di Woodleight Common.

Che dire. Chi, come me, ha letto e amato i libri della Christie sa che il suo punto forte, oltre all’intreccio machiavellico, si ravvisa in uno stile di scrittura che non tramonta mai, nonostante il passare degli anni e dei generi legati al racconto del crimine. Le descrizioni dei personaggi scavano fino in fondo alla loro anima, tracciando un quadro talmente preciso per intenzioni e indole da sembrare addirittura una radiografia. Le loro paure sono contemporanee. I loro punti di vista atrocemente validi, anche quando, per il terrore di ammettere di avere un freddo assassino nel tessuto comunitario, raccontano del degrado del manicomio, che lascia libere le persone con “tare” ingestibili, contenitori del male che sono costretti dalla loro natura alterata a uccidere. E poi il buon investigatore dimostra che l’avidità spinta oltre ogni ragionevole limite e una follia non congenita, ma coltivata, sono molto più pericolosi delle bugie che ci inventiamo per giustificare le cose che non riusciamo a comprendere, o per voltare il viso dall’altra parte.

Eh bien, come direbbe il mio adorato Poirot, che se ne va a zonzo con le scarpe di vernice strette a chiedere cose che tra loro sono collegate come i cavoli all’happy hour, io personalmente non capisco mai nulla fino a che lui si prende la briga di srotolare la matassa di testimonianze e impressioni di ogni personaggio coinvolto nell’azione in modo chiaro ma comunque sorprendente. Ah, dimenticavo. Quindi, quando vanno a Venezia? Beh, mai. La prefazione dello sceneggiatore dei film di Poirot, Michael Green, non ci dice nulla al riguardo, se non che questo libro ha dato loro un’idea, una visione, e che un film ambientato durante la spaventosa notte di Halloween avrebbe piazzato nuovi demoni di fronte a Poirot. In qualche modo chiede scusa a noi lettori. Disgraziato di un Michael, adesso mi tocca correre al cinema.

«Sapreste farmi un elenco dei probabili colpevoli?» domandò Poirot.                                                                                «Non sarà tanto facile, se quello che pensate è vero.»                                                                                                    «Volete dire che adesso non cercherete più una personalità con turbe sessuali, bensì qualcuno che ha commesso impunemente un omicidio, qualcuno che non si aspettava di essere stato scoperto e che, di conseguenza, ha avuto un brutto shock.»                                                                                                                                                                               «Al diavolo, non riesco a immaginare chi sia stato!» sbottò Spence. «Non l’avrei mai detto che ci fossero dei probabili assassini da queste parti. E certo non uno capace di commettere un delitto così spettacolare.»                                      «Ci sono dovunque dei probabili assassini.» replicò Poirot.

Giulia

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