November 18, 2020

Tempo di lettura: 2 min.

Dopo una settimana di disintossicazione da chat intossicanti, mi sento proprio più leggera. Non dovermi occupare di elucubrazioni mentali, preoccupazioni collettive e ansie altrui mi ha restituito del tempo da investire in cose più leggere, come leggere e guardare la mia serie preferita (The crown). E quindi no, non mi sono pentita, anzi, mi è dispiaciuto non averlo fatto prima! Un altro aspetto che sto curando è anche la permanenza sui social: in un’epoca in cui mi tocca stare connessa anche per lavoro in media 4/5 ore al giorno, diventa necessario disintossicarsi dal mondo virtuale, riprendendo il contatto con la realtà più vera e concreta. Quindi ho impostato un time di accesso ai social, che non superi la mezz’ora al giorno, in modo da dedicarmi a ciò che mi circonda veramente.

Sono riuscita così a dedicare del tempo quotidiano alla lettura, alle passeggiate, alla cura del giardino, alla cucina sana, fatta di verdure che richiedono molto tempo per essere pulite e soprattutto preparate per essere accattivati anche per i miei pargoli. Ho realizzato che buttare l’occhio sulle chat o sui social, non mi faceva perder tempo solo perché mi “occupava” del tempo, ma è la distanza dalla realtà che diventa pericolosa: la chat ti obbliga ad un accumulo di pensieri ingolfante e invadente, che ti pervade anche dopo aver chiuso la chat, distogliendo l’attenzione da ciò che si sta facendo. Quante volte ci siamo dimenticati di aver fatto qualcosa, perché appunto contemporaneamente stavamo chattando o stavamo ascoltando una storia su Instagram o semplicemente qualcosa letto o ascoltato sui social si era impadronito della nostra mente? Esistono già pensieri, opere, omissioni, preoccupazioni del quotidiano, della nostra esistenza, del vivere concreto, abbiamo anche bisogno di sovraccaricarci con il vivere virtuale?

Il mio autore preferito, che non so se vi ho mai detto essere Calvino (Italo, non Giovanni) scrisse nel 1984 Lezioni americane, una raccolta di alcune conferenze che tenne ad Harvard. La mia preferita da sempre, che rileggo senza mai stancarmi, è quella sulla Leggerezza. L’immagine mitologica che Calvino sceglie per dare corpo a questo concetto è quella di Perseo che, per tagliare la testa a Medusa senza lasciarsi pietrificare, si sostiene su ciò che vi è di più leggero: i venti e le nuvole. Dal sangue di Medusa nasce un cavallo alato, Pegaso. Quindi la pesantezza della pietra, personificata da Medusa, può far nascere il suo contrario. Calvino inaugura con questa immagine la sua conferenza, all’interno della quale troviamo immagini concrete di poeti e filosofi che si pongono in maniera leggera nei confronti del mondo.

Leggera non significa superficiale, ma significa cercare di guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra coscienza, una nuova consapevolezza.

Ognuno può decidere di decapitare Medusa, qualunque cosa Medusa rappresenti per ognuno. Medusa è la pesantezza, “la fitta rete di costrizioni pubbliche e private che finisce per avvolgere ogni esistenza con nodi sempre più stretti”. E uccisa Medusa ci si sente davvero più leggeri, pronti a volare su un cavallo alato verso nuovi orizzonti, che possono avere la forma di un libro, di un curry di ceci, di una partita a Risiko o i colori sgargianti di un bosco in autunno.

Cindy

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