December 2, 2022

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Oggi utilizzo una foto di repertorio, scattata l’anno scorso, quando io e la mia prode moglie eravamo impegnate a girare un reel vestite da malanni di stagione. Ce li immaginavamo, i poveretti, tristi e bullizzati dal Covid, che si era preso tutti i loro sintomi. Vi ricordate? Dalla febbre al mal di testa, passando per infiammazioni alla gola, bruciori di stomaco, giramenti di coglioni, persino se ti tagliavi un dito affettando verdura, era un sintomo del Covid. Quest’anno, finalmente, gastroenteriti e influenze virulente stanno riprendendo il giusto possesso delle nostre difese immunitarie, sbattendo i nostri corpi come le centrifughe la frutta. Io personalmente sono feliciona. Ho la nausea perenne che mi trascina l’emicrania dentro tutta la faccia, l’altra sera urlavo a Marito che qualcuno mi stava segando via il naso dal resto del corpo, che lo facesse smettere, se lo vedeva. I gruppi di mamme e amiche e primaria e asilo sembrano analisi del sangue da decifrare, da quante informazioni mediche ci schiaffano dentro, ma io ero comunque feliciona di poter dire che, Dio, siamo tornati ai bei vecchi tempi.

Ci siamo. Di tamponi ne girano ancora, qualche mascherina la vedo, ma rari come i quadrifogli, e siamo tornati a pulirci il naso col dorso delle mani e poi incollarlo alla schiena del vicino con una bella pacca d’incoraggiamento: stai unammerda, ma, ehi! Non devi farti il tampone! Quello non risponde, è già corso in bagno a vomitare. Ma lo vedi, che è felicione anche lui, che, con la testa nel water, alza il pollice. Ah no, è il dito medio. Ma vi assicuro che si sente profumo di gioia, il che mi fa capire che avevo giudicato troppo presto e duramente lo spuntare degli addobbi natalizi il due di novembre: era solo un riflesso della contentezza dilagante, il vero redivivo spirito del Natale che, invece che amori banali e maglioni stampa Grinch, si porta appresso il miracolo della normalità. Classi decimate, festine rimandate, e Nurofen e Tachipirina a rotazione ogni quattro ore, come soffici fiocchi di neve.

Avevo infatti proposto alla mia consorte lavorativa, intorno a giugno, un reel per ricordare cosa ci aspettava una volta decadute le restrizioni anti-Covid: avremmo finalmente sentito il puzzo d’ascelle altrui sui mezzi, limonato con sconosciuti ai concerti per sbaglio (nel senso che due si sarebbe attaccati alla francese davanti a noi e, spingi spingi nel tripudio delle danze, era un attimo finirci in mezzo), mangiato dalle bacinelle del vicino di posto pop corn al cinema, ma soprattutto, ‘fanculo al lavaggio mani! Dita nel naso perennemente gocciolante, nelle orecchie, e poi in bocca! Non dico che lo faccio io, generalizzo, care, generalizzo. E la cavalcata da valchirie di influenze e affini, con febbri fino ai quaranta gradi centigradi che durano dai due ai cinque giorni di prassi, sono la ciliegina su una torta che non vedevamo l’ora di mangiarci. Felicione anche voi? Siamo tutti più buoni e più malati, e io, personalmente, non vedevo l’ora.

Giulia

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