October 8, 2021

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Tempo di lettura: 2 min.

Piccolo veloce indolore momentaneo momento di Giulitudine. Sostituisco la nostra Maryciak solo per questa settimana, state tranquille. Lei voleva recensire Dune, io vi recensisco Free Guy, per dire, eh. Qualcuno potrebbe trarne delle conclusioni, ma voi no, VERO? Ora, lasciate almeno che vi spieghi: avrei comunque visto un film ambientato all’interno di un videogioco per far stare zitte accontentare le mie figlie, in una di quelle serate in cui il pubblico trasversale composto da genitori e figli richiede che ci si venga un pochino incontro.

Se mi fanno arrabbiare, li obbligo a vedere il Grande Fratello Vip, ma quella sera ci meritavamo tutti una commedia, e Free Guy – Eroe per gioco (il sottotitolo imbecille l’abbiamo aggiunto noi italiani) era anche fresco di uscita su Disney +.

Che dire. Mi ha convinto al quarto secondo, quello in cui spiega che esistono le persone normali, che vivono una vita normale, e quelli che indossano gli occhiali, gli eroi. Gli eroi fanno cose. Gli altri no. E allora cercate di farvi un favore: capite se indossate o meno gli occhiali e regolatevi di conseguenza. Dopo neanche cinque minuti la ruotine del nostro buon Ryan Reynolds, personaggio senza occhiali, mi ha trasportato di peso nel mondo di Zootropolis, vivida e adorabile metafora Disney sui preconcetti che spesso appiccichiamo alle persone che ci circondano, e non c’è stato verso di togliermi dalla testa che “ognuno può essere ciò che vuole”, ‘fanculo gli occhiali. E questo non si chiama spoiler, ma “benvenuti nella mia testa, occhio a dove mettete i piedi”.

Qui il bel Ryan non interpreta una coniglietta con vocazioni da poliziotto, ma un PNG (personaggio non giocante) di un videogioco open world, in cui gli eroi con gli occhiali sono persone reali che si connettono e, fondamentalente, spaccano tutto a caso per guadagnare punti, su letto di Free City (nome del gioco e dell’ambientazione) con contorno di PNG che DEVONO muoversi in un loop banale e rassicurante. A questo punto credo che anche voi vi stiate chiedendo chi ha detto che una coniglietta alta come tre puffi a loro volta alti come tre mele e poco più non possa fare il poliziotto e che un PGN non possa uscire dal suo loop e mostrare che il motivo per cui svegliarsi la mattina magari lo decide lui, mica il suo programmatore. Se vi state anche chiedendo perché dovreste guardare Free Guy se avete già visto Zootropolis vi dico che… no dai, davvero ve lo state chiedendo? Va bene, va bene. Il film stupisce per il suo sguardo originale e per un tocco potente, empatico, che abbraccia da un lato il mondo fittizio del videogioco e dall’altro quello degli esseri umani che ci si immergono dentro. E, fattore non indifferente, rappresenta anche la perfetta combo tra azione e gigionaggine, che qualche bella scazzottata me la guardo volentieri pure io. Non possiamo vivere di sole dichiarazioni d’amore e limoni duri, dai.

P.S. Che ci sia Ryan Reynols o puffo brontolone nei panni del protagonista per me non fa differenza, nel senso che la bellezza di Ryan mi sfugge (ma non la sua bravura: qui è strepitoso a soffiare dentro al personaggio di “camiciola Guy” tutta la sua umanità), ma, da appassionata di Stranger Things, sono stata piacevolmente colpita dalla presenza di Joe Keery, lo Steve Harrington della nostra serie tivvù vintage preferita. Praticamente a una certa vedevo la coniglietta, puffo brontolone, e pure il demorgone. Ma a voi non capiterà, guardate tranquille.

Giulia

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