April 11, 2022

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Quando ero giovane, univo una certa dose di determinazione, di ostinazione e di senso della giustizia per ottenere una miscela che mi portava ad essere sempre combattiva nei confronti di molte cause. A volte anche nei confronti di cause perse in partenza. E lì diventava palese che l’obiettivo non era vincere la causa, ma esserci. Le cause erano sia personali che collettive. Se avvertivo il senso di ingiustizia, mi attivavo, scendevo in piazza, prendevo pullman notturni, treni in solitaria, fermavo treni per protestare, camminavo, marciavo, compilavo carte, sfidavo la burocrazia. Ricordo una volta a scuola, quando vennero date delle valutazioni falsate dal fatto che una mia compagna avesse raccontato alle nostre spalle di aver lavorato per tutti, mi feci portavoce della classe e mi recai da sola a parlare con i docenti. Non ne ricavai molto: le valutazioni rimasero tali, ma ebbi comunque la sensazione bella di aver sfidato la paura per compiere il mio dovere. Così tutte le volte che ho rinunciato alla mia paga giornaliera per scioperare per qualcosa: l’ho sempre fatto con la massima convinzione.

Poi si cresce, le energie diminuiscono e allora si seleziona su cosa investire tempo e passioni. E di fronte ad alcuni soprusi del vivere quotidiano, si sceglie di soprassedere: se mi sorpassavano in una fila, la me giovane ha sempre protestato con veemenza. Ora guardo i sorpassatori di mestiere, ma li ignoro, nella consapevolezza che la protesta non farà cambiare idea a loro e a me procurerà solo un senso di rabbia e di malessere per aver convogliato in maniera sbagliata le mie energie. Non sono diventata indifferente, coltivo le mie passioni, tra cui la politica. Quello che è cambiato è probabilmente il senso di realtà che non mi fa più protendere verso l’ideale, ma verso il concreto.

Però la settimana scorsa ho profondamente gioito con Ilaria Cucchi per la sentenza che condanna definitivamente gli otto carabinieri responsabili della morte di Stefano Cucchi e del depistaggio sulle indagini per questo omicidio.Il sostituto procuratore Giovanni Musarò ha dichiarato che “un intero Paese è stato preso in giro per anni” attraverso “un’attività di depistaggio ostinata, che a tratti definirei ossessiva”. Depistaggi allucinanti, a botte di scolorine, dichiarazioni false. Roba che ad un certo punto, uno avrebbe mollato, dicendo che tanto Stefano non sarebbe tornato in vita, perché perseguire una verità così volutamente allontanata da tutti? E lei, Ilaria, sorella di Stefano in un meraviglioso monologo a Propaganda live di venerdì scorso, ha candidamente ricordato che il desiderio di verità che l’ha spinta per 13 anni a non mollare, le veniva principalmente e banalmente per amor di suo fratello, ma anche in quanto cittadina. Responsabilità privata e pubblica che si sono unite in una donna, dal corpo minuto, ma con una forza da novella Antigone, che mi ha lasciata senza parole. Grazie Ilaria.

Cindy

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