September 16, 2022

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Giuro che io vi capisco, quando vi sale il crimine per il disagio umano che vi circonda e, non potendo fare una strage con una mazza chiodata, mi scrivete sui social un Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come. Ve lo ripetete nella testa, ve lo ribadite allo specchio, lo scribacchiate su un foglietto, sforzandovi di essere persone libere dalla violenza delle mazze chiodate, che non vogliono abbassarsi al livello di quel disagio urlando Sai che c’è? MA VAFFANCULO! con mediocre e politicamente scorretta gratuità. Siete civili. Regalate perle. La mia preferita, per esempio, è Si chiude una porta, si apre un portone, quando l’aforisma si chiamava proverbio o citazione e le persone erano affezionate alla pertinenza. Mi aiuta a lasciar andare, a fare spallucce quando qualche occasione fa gentilmente marcia indietro. Sono più per quegli aforismi che sono l’equivalente scritto di una bella pacca sulle spalle, tipo Amare sé stessi è l’inizio di un idillio che dura tutta una vita, o di quelli che mi aiutano a prestare un filo attenzione alle bugie che mi racconto, come Non si ingrassa da Natale a Capodanno, ma da Capodanno a Natale. Qualcosa che ti dice quanto sia infinitamente semplice capire i massimi sistemi, che sono quelli piccoli, a fregarti. La persona maleducata, il parcheggio fantasma, gli orari insensati della prima settimana di scuola di tua figlia, gli approcci pornografici da parte di perfetti sconosciuti in Messenger.

Quindi, se serve a impedire di fare una strage, io dico sì, avanti tutta con l’aforisma. Se vi serve di riassumere un concetto a una persona che non sembra afferrare la vostra spiegazione, nonostante sia in italiano corrente, dico sempre sì. Per esempio quando dovete illustrare alla tizia che vi ha parcheggiato davanti al cancello di casa che dovete entrare, che quella è casa vostra, che no, non passate dal retro sfondando il muro del giardino, e che l’unico modo che avete di passare sia facendole togliere la macchina di mezzo. A voi sembra un concetto chiarissimo. A lei no. Allora, metafora alla mano, le dite che se si ritrova nel baule i fanali anteriori della vostra macchina col cazzo che le pagate i danni, che Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. Parliamo del repertorio classico Morto un papa se ne fa un altro e Il mare è pieno di pesci e Meglio perderli che trovarli? Che diciamo a tutti indiscriminatamente, in ogni occasione, anche quando a vostra figlia cade per terra qualcosa che stava mangiando e lei monta una faccia da lutto nazionale? Eddai, amore, morto un papa se ne fa un altro. E state parlando di un cracker.

Il vero problema, secondo me, nasce quando l’aforisma ci sfugge dalle mani. Si accoppia con un mantra, nasce una cosa talmente abominevole che persino il bacio Perugina scappa urlando.

La vita è un insieme di avvenimenti, di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme. No, dai, giura? Calvino, pensa che ti stimavo. A me vien voglia di scrivere Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere. Perché se te lo scrivi sulle magliette seguito dall’immagine di un cocktail fa ridere, se impesti Facebook, no. E sotto, diecimila like. Io resto di sasso. Sarà pure gelosia, eh, che io arrivo a centotrenta like accendendo un cero in Chiesa. L’uso migliore della vita è di spenderla per qualcosa che duri più della vita stessa, ma tipo uno scudo in vibranio? O vado sul riciclabile? Può essere che io non capisca la profondità degli aforismi, ci mancherebbe, ma a forza di leggere tra le righe, mi chiedo cosa le mettiamo a fare, queste benedette righe. E se becco un altro muro con lo stencil L’essenziale è invisibile agli occhi, prendo la mazza chiodata.

Giulia

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