July 26, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Tutto Rosa.
Il mondo (o almeno quello dei social e parte di quello reale) è tutto rosa in questi giorni. Era inevitabile che questo tsunami cromatico investisse anche me e, secondo voi, potevo evitare di interrompere il ciclo Notte Horror by Mister Bufo, togliermi il costume da Zio Tibia e indossare un paio di pattini a rotelle giallo fluorescente per poter scrivere la mia su Barbie?
(Sospiro mentre su Spotify le rime di Nicky Minaj e della sua versione di Barbie World mi rimbombano nelle orecchie)
Chiaramente no.
Vi faccio una promessa, cercherò di essere davvero obiettivo, senza lasciarmi influenzare dal mio essere “maschietto”, dandovi un punto di vista oggettivo, anche se vi confesso che non sarà facile, questa volta no.

Certo che con la diffusione dei trailer sono stati molto furbi i signori della produzioni di Barbie, perché molti sono cascati nel tranello del film super spot in stile Lego che, con la scusa di una trama, “ti veniva voglia di comprare” (più che giocare) quelle scatole piene di mattoncini che ormai hanno lo stesso costo dei quadri di Van Gogh, e infatti spesso vengono acquistati da vecchi collezionisti che si vantano di possedimenti dal valore inestimabile, sì, inestimabile, come il tempo che ci vuole per spolverare tutti quei set. Ve lo assicuro. No, Barbie, non ti fa venire voglia di comprarla, una Barbie intendo, il film è una specie di denuncia sociale (e social), un pacato manifesto femminista inserito nella scatola di una Barbie. Badate, se uso il termine “manifesto femminista” non lo faccio in senso dispregiativo, perché ci può stare nel 2023 ammettere alcuni fattori sociali. Ma, come sempre, andiamo con ordine.

Nel film dedicato alla bambola più famosa del mondo abbiamo come regista Greta Gerwig, che ha dimostrato la sua bravura ampiamente con Lady Bird e Piccole Donne, e poi troviamo un cast davvero molto ricco, tra cui spicca chiaramente Margot Robbie nel ruolo di Barbie e in quello di produttrice, Ryan Gosling in quello di Ken, Will Ferrel, America Ferrera e molti altri di cui non vi svelo i ruoli per evitare di spoilerarvi troppo sulla trama. La trama appunto: Barbie, nel mezzo di una delle sue giornate perfette nel suo mondo perfetto, quasi a voler citare Truman Show, da un giorno all’altro comincia ad avere pensieri incompatibili con il suo quotidiano, tra cui l’idea di poter morire, un giorno, concetto inaccettabile nell’universo sempre uguale a se stesso e perfetto in cui si trova e, nell’intento di sbarazzarsi di questo fardello psicologico e tornare ad essere lo stereotipo che crede di essere, decide di raggiungere il mondo reale per andare alla fonte del problema, accompagnata dal suo “quasi fidanzato” Ken. E, come al solito mi fermo, perché in questo caso, più che in altri, se vi svelassi il resto, vi toglierei il gusto della sorpresa, inoltre qui finisce ciò che si è visto nei trailer e inizia la parte interessante della pellicola.

E poi sono arrivati i commenti, le recensioni su YouTube, i Podcast e tutto ciò che c’è nel “telefonino” a svelare la verità, perché ormai lo sapete, Barbie sembra essere una commedia soft con un mantello da supereroe a favore di tutte le femministe dell’epoca corrente, quindi, per chi non ha sensibilità, si può urlare, “W le donne! Abbasso gli uomini!”. Ma è davvero così? O Margot Robbie voleva lanciare un messaggio diverso? Dopo i primi 30 minuti di film, effettivamente, accadono degli eventi che rendono i personaggi consapevoli di alcune dinamiche sociali dei nostri tempi, aspetti e comportamenti che sembrano affondare le loro radici in modo talmente forte da renderli palesi e di facile comprensione anche a Barbie e Ken, i quali chiaramente hanno una cultura basica, basata sul loro mondo, quasi a voler dire: Se lo han capito loro, vuol dire che è così! Insomma…  ne esce fuori che la nostra società è patriarcale. Punto. Che il nostro è un mondo dominato in modo prepotente dagli uomini, tanto che persino Barbie, in realtà è creata da un’azienda in cui a prendere le decisioni sono i maschi e cosa può succedere se Ken, passivo abitante del “Barbie world” volesse avere un po’ di quel potere? Questo è ciò che mi ha colpito. Il fatto di essere d’accordo. Di osservare sul grande schermo la verità che in fondo circonda anche il mio contesto sociale, in cui regole e dogmi provengono da un cultura talmente radicata e patriarcale che bisogna tirare in ballo Barbie per farlo notare e farne una riflessione.

Insomma, essere “maschi”, andare a vedere Barbie al cinema e accettare la denuncia sociale del film richiede però una certa autoironia e una pesante consapevolezza, altrimenti il “Maschio medio” ne esce offeso, perché non è poi così vero che un mondo senza uomini è perfetto, il film non vuole dire questo, ma si spinge oltre e, grazie ad un paio di monologhi, urla la realtà, in cui tutti dovremmo essere perfetti, ma non troppo allo stesso tempo. Allora perché ho deciso di dare 7 e non un bell’8? Perché un capolavoro annunciato e che in effetti ha incassato moltissimo in pochi giorni viene da me reputato discreto? Perché ci sono delle pecche ovvie, tra cui la scrittura di alcuni personaggi che sembrano riapparire dal nulla i quali sì, aggiungono l’elemento comico, ma spesso risultano superflui, quasi stonando con il resto, ancor più esagerati del “Barbie World” stesso. In realtà il motivo del mio 7 che, ci tengo sottolineare, è un parere personale, risiede nel dare voce a Margot robbie, la quale, e lo ammette la narratrice stessa, non è proprio la persona giusta per affermare certi concetti, non per niente è affiancata dall’ex Ugly Betty, come a voler bilanciare l’immagine stessa del messaggio.

Vi dico che non serve essere perfette, basta essere se stesse, però sono Margot Robbie e sto interpretando Barbie. Per capire quello che intendo vi invito osservare l’inquadratura in cui la si vede a figura intera, in una bellissima citazione di Kubrik. Quindi, vale la pena andare vedere Barbie al cinema? Sì, perché la pellicola è ben scritta, visivamente è uno spettacolo per gli occhi e si nota quanto gli attori stessi si siano divertiti nel farlo, anche la parte musical è tollerabile (e ve lo scrive uno che non ama i musical), battute, coreografie e lo sforzo di registi e attori nell’invitarci ad una riflessione su questo “patriarcato” meritano una visione attenta però mi raccomando, non uscite dalla sala pensando anche solo per un secondo che a tutti noi maschietti piacciano i cavalli, i motori, e i club. Ora vi saluto, perché ho organizzato una festa nel mio nuovo Mister Bufo Dojo Mojo Club.

Il voto dello spettatore Mister Bufo (Alfonso): 7 su 10

Alfonso Mr. Bufo

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