May 11, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Inutile dire che anche quando faccio ginnastica con quei fiorellini delle mie alunne, parliamo. Corriamo e parliamo e parliamo e corriamo, che ci tengo all’allenamento delle mascelle tanto quanto a quello delle chiappe. Salta fuori che una delle mie alunne (che sono belle e intelligenti e secondo me vengono a lezione solo per farmi un favore) sta leggendo un libro che la fa incazzare come un T-Rex quando vede un Indominus-Rex, ovvero quello che mi ha prestato e che sto per recensirvi tra 3… 2… 1…

Boom. Non si tratta di un libro di narrativa e nemmeno un manuale, quanto piuttosto di un libro informativo e particolarmente illuminato e pungente sulla nostra simpatica società grassofobica, che il movimento di body positive o positivity finge di accettarlo giusto per buona creanza. Ecco a voi Belle di faccia di Chiara Meloni e Mara Mibelli, dal sottotitolo Tecniche per ribellarsi a un mondo grassofobico, edito da Mondadori.

Dato che il mio pallino fisso, a parte il carboidrato, è lo stile di scrittura, parto subito col dirvi che queste due autrici sanno il fatto loro anche con la comunicazione scritta, che è chiara, schietta e diretta abbastanza da imprimere nelle vostre grassofobiche cervella concetti, origini e una buona quantità di sensi di colpa. La grassofobia sta lì, dentro di te, a dispetto di quello che pensavi e credevi di sapere sull’emancipazione del corpo e dell’anima femminile. Voi che leggete, fidati di me, siete grassofobica. Io sono grassofobica, ma sto cercando di illuminarmi grazie alla lettura di questo libro, che mi spiega come la mia mente sia stata fagocitata da canoni e standard di bellezza che individuavano nel grasso femminile un marker per catalogare determinati modelli socioculturali. Ho visto l’Indominus Rex, cazzo.

Che l’industria lavori per farmi sentire perennemente insoddisfatta al nobile scopo di vendermi il set della gran figa (dal mantra alla maschera di bellezza) lo sapevamo. Frammenti di consapevolezza cercavano di venire a galla mentre ricercavamo con ardore il filtro perfetto per pubblicare una story su Instagram. Acqua santa e Cecato chi guarda sono i miei preferiti. Comunque. Quello che non abbiamo mai capito (non voglio collocarvi sulla barca dell’ignoranza con me, ma vi assicuro che abbiamo accesso a una percentuale limitatissima di informazioni al riguardo) è che siamo nate e cresciute interiorizzando a forza problemi che non esistono e credendo che prenderci cura di noi stesse fosse un atto d’amore nei nostri confronti, non un altro modo di avvallare la tesi che il nostro equilibrio psicofisico dipenda dalla cura della nostra immagine. Mortacci loro. Io quando non compro la maschera coi probiotici, mi sento una che non raccoglie i pezzi che semina per strada mentre si smonta. I cocci sono miei, no?

E se ci sentiamo ribelli accettando il nostro corpo “così com’è”, ci stiamo solo ricollegando per direttissima a qualcos’altro di sbagliato. Adesso devo pure accettarmi, se non c’ho voglia di farlo?! Posso decidere qualcosa in autonomia, si vù plè?! Piuttosto si tratta di alzare l’asticella del privilegio, o mangiarcela addirittura, questa cazzo di asticella, perché le persone di ogni forma e colore hanno diritto a rispetto, dignità, amore, e, parliamo papale papale, cure mediche e vestiti della propria taglia quando e come vuole, ma soprattutto potersi esprimere in merito al proprio stesso corpo, invece che essere circondati da potenziati che ti diagnosticano stili di vita sbagliati con un’occhiata e che sparano dolcezze come “sei bella di faccia”. I corpi grassi sono tutti uguali, dicono le autrici. Qui mi sono sentita talmente in colpa da guardare l’autostrada scorrere fuori dal finestrino per un quarto d’ora, in religioso silenzio. Stavo leggendo in pullman, prima che pensiate che leggo al volante. Tranquille, guardo solo il cellulare. STO SCHERZANDO.

Mi rendo conto di avervi riportato solo il pacchetto standard da recensione ordinata, ma mi auguro che sia sufficiente a spingervi a leggere il libro e a modificare il vostro modo di guardare il mondo, o anche solo l’autostrada. Ma in particolare cambiare il modo in cui ci esprimiamo, prova provata del nostro modo di pensare.

L’unicə ciccionə buonə è una ciccionə mortə, che può essere usata come monito per tutte le altrə ciccionə anarchichə, oppure unə ciccionə pentitə, la good fatty (archetipo dellə ciccionə buontemponə) a cui la società riserva un minimo di tolleranza perché cerca di farsi continuamente perdonare di essere grassə: si batte costantemente il petto, fa autoironia, si impegna a dimezzarsi e a farsi meno ingombrante in cambio della fine delle angherie nei suoi confronti, accetta il suo ruolo subordinato e cerca di prendere meno spazio possibile in attesa di ridurre considerevolmente il suo volume.

Giulia

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