February 10, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 2 min. e mezzo

Quarto appuntamento con la rubrica di recensioni, ovvero la seconda di febbraio. Se non sparo qualche riferimento numerico mi vien male alla milza.

Per cui eccomi pronta a recensire il secondo volume (eh, eh) delle indagini di un commissario tutto d’un pezzo nato dalla penna di Gianfranco Camin, quel bell’uomo dell’Antonio Maria Flores, richiamato ai crimini pordenonesi con il libro Dove sei? dopo il successo de La chiusa, entrambi editi da WordsEdizioni.

Mi fa piacere una sorta di riassunto della puntata precedente in testa alle nuove scene gialle di questo secondo capitolo: ci ricordano dove e in che stato emotivo avevamo lasciato il nostro Flores nello scorso libro, nervoso per una vita privata di cui la escort Mara (mbeh? Esce con le escort, il commissario. Problemi?) doveva fare parte, dopo una dichiarazione d’intenti felicemente ricambiata. Ma, di lei, nessuna traccia. Le altre donne della sua vita, la sua ex moglie, l’ex moglie dell’ex vice e una giovane e sorridente sottoposta, gli occupano la testa senza che lui riesca a fare un minimo di ordine. Arriva un bel doppio omicidio a portare altro caos: l’ultranovantenne Ferdinando Steinbach-Rossi e la sua badante rumena vengono trovati morti nella villa dell’anziano, il primo annegato, la seconda torturata al tavolo della cucina. Indizi? Nessuno. Il che aumenta dismisura il nervosismo del povero commissario, che si trova a dover gestire anche ghirigori burocratici e scaramucce tra innamorati all’interno della sua squadra investigativa. Di altre seccature, ne abbiamo?

Certamente. Un investigatore privato, per dirne una. Per continuare, quando le impronte digitali trovate nella villa non portano a nessun risultato nei database, lo scombussolato commissario viene costretto a partire per la Romania, patria della badante e del suo possibile assassino, innescando una lenta caccia a quattro uomini apparentemente scomparsi dalla faccia della Terra dopo la caduta di Ceaușescu. E gli omicidi non si fermano. Il che complica ulteriormente la psiche del commissario, che, per quanto si impegni e cambi direzione, si trova puntualmente di fronte a porte chiuse. Ci piace vedere gli uomini di legge in crisi mistica, io lo ammetto candidamente: la vita privata di Flores, che ha sempre tenuto scollata da quella lavorativa, in questa avventura non fa altro che appiccicarcisi contro, alterando equilibri e rallentando intuito e concentrazione del pover’uomo.

Piacevole variazione rispetto al primo libro: abbiamo accesso a frammenti, pur brevi e di scarsa decifrazione, dei pensieri dell’antagonista. E colpi di scena che ti accompagnano non dico fino all’ultima pagina, ma fino alla terzultima, beh, sì, facendoti capire che si torna sempre, in fondo, sul luogo del delitto… (non capite? Meglio, altrimenti mi denunciate per spoiler). A chi ama un buon giallo, di quelli complicati e con protagonisti meritevoli del nostro supporto, che sono tridimensionali, per intenderci, e non solo chiacchiere e distintivo, consiglio di proseguire insieme al commissario Flores nelle sue indagini. Io aspetto la prossima con trepidazione. Che sarebbe la terza, giusto? E un altro numero ce l’ho messo, posso andare in pace.

Flores era furente. Era sicuro che il questore fosse incazzato più per la figuraccia fatta solo pochi giorni prima davanti ai giornalisti che per la riapertura delle indagini. E lui era incazzato con Bellotto che aveva sentito poche ore prima e non gli aveva anticipato nulla. Soprattutto era arrabbiato con se stesso per non aver capito niente. Il suo sesto senso, che di solito gli faceva intuire cose che sfuggivano alla maggioranza delle persone, era rimasto sopito…

Giulia

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