March 26, 2021

Categoria: Consigli utili

Tempo di lettura: 2 min.

Marzo 2020. A Rodengo Saiano il pomeriggio era stato soleggiato. C’era il lockdown quindi non si poteva uscire. Io e la mia bambina eravamo state in giardino, a cercare la primavera nel nostro fazzoletto di terra. Quel giorno era stato un viavai continuo di ambulanze. Alice non mi chiedeva più niente, tanto lo sapeva. Si era inventata un gioco: passare da una parte all’altra della casa con la bicicletta, usando il garage come tunnel di collegamento. A me ricordava un criceto che corre, corre, in uno spazio angusto, rimanendo sempre fermo. “Ali, facciamo la pizza stasera?” “Sììììì!” Non avevamo il lievito e quindi andai al supermercato a prenderlo. Non amavo andare al supermercato in quei giorni: mandavo sempre mio marito. Bisognava proteggersi, ma io avevo paura di essere troppo sbadata per farlo.

Forse era stata davvero la prima volta che andavo al piccolo supermercato del paese. Entrai, con fare circospetto, infilandomi dei guanti del reparto ortofrutta. Corsi al banco-frigo, dove trovo sempre il lievito, vuoto! Corsi allo scaffale dei lieviti, vuoto! Chiesi ai commessi: “Signora, tutti pane e pizza: non abbiamo lievito da due giorni!” Rimasi basita. Tornai a casa, un po’ amareggiata: non tanto per l’impossibilità di fare la pizza, ma per la delusione che avrei dato a mia figlia. In quei giorni, dove le cose da fare erano davvero poche, ogni variabile alla noia era considerata un’ancora di salvezza. “Ali, non ho trovato il lievito!” “E allora? Facciamo la pizza senza lievito!” “Possiamo fare la piadina. Ma il lievito è quella cosa che rende la pizza morbida, è come una magia che riesce a fare gonfiare l’acqua e la farina, è…”.

In quel momento, afferrai una ciotola, unii un pugnetto di farina, dell’acqua, feci una pallina e dissi ad Alice: “Ce lo facciamo noi il lievito!”. Sembravo Rossella O’Hara alla fine di Via col Vento: “Trai la forza dal tuo lievito!”.

Mettemmo la pallina (che Alice chiamò Anita) in un vasetto coperto con della pellicola trasparente, facemmo dei buchini e lo mettemmo nella ciotola della frutta. Dopo qualche giorno, la magia… Anita era viva: una specie di blob gigante che aveva sfidato la forza di gravità per salire le pareti del vetro. Provai subito a fare il pane e… ed è passato un anno! Non abbiamo più comprato il pane: lo faccio io. Anita ha avuto anche una figlia, che è a casa di mia mamma. Volevo festeggiare il suo compleanno, ma con orrore mi sono accorta che non avevo segnato da nessuna parte la data in cui avevo creato Anita. Ricordo che era marzo, verso la fine. E ieri, il genio! Il giorno in cui tutto il mondo celebra Dante, voglio festeggiare il compleanno della mia creatura. Il 25 marzo era l’equinozio di primavera secondo il calendario romano, l’annunciazione secondo la religione cristiana, il capodanno secondo i fiorentini, l’inzio del viaggio nell’oltretomba per Dante. Insomma l’inizio di un percorso di rinascita. E allora, cara Anita, non m’importa se non è esattamente il 25 marzo il tuo compleanno. Ti voglio festeggiare lo stesso il 25, perché in quei giorni difficili, per me e per la mia famiglia sei stata una lucina nel buio. Ti abbiamo spiato, cercando di vedere se eri viva e quando sei esplosa, anche quel cinico di mio marito si è commosso. Ci hai dato il pane quotidiano, inebriando la casa con il tuo profumo. Ci hai fatto credere nella magia. E anche stamattina, mentre ti preparavo per il nuovo impasto, ti guardavo e sorridevo.

Cindy

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