May 30, 2022

Categoria: Consigli utili

Tempo di lettura: 3 min.

Il weekend appena passato ha visto nel mio paese il ritorno della festa dell’oratorio. Una festa sempre molto sentita dalla comunità saianese. Quest’anno però c’era un’atmosfera diversa: dopo due anni in cui la festa non c’è stata, la popolazione del paese e dei paesi vicini si è riversata verso l’oratorio. Le automobili erano parcheggiate fino a casa mia che abito a 500 mt dalla chiesa. Anche il sagrato per la prima volta da quando abito qui era strapieno. Per prendere una birra, io e mio marito abbiamo fatto un’ora di coda. L’atmosfera era proprio di quelle frizzanti, di gente che aveva voglia di rivedersi, di rilassarsi, di ridere insieme. I bambini giocavano nel campo da calcio: saranno stati un centinaio. Almeno 5 palloni, ma ognuno seguiva la propria partita. Beh, direte voi! Le feste dove si magna e si beve sono sempre piene.

Eh no! Ho trascorso questo mese di maggio passando da una conferenza ad un laboratorio di scrittura, ad un corso di venti ore di poesia: tutti strapieni! Sono andata ad ascoltare Ivo Lizzola, un pedagogista: la sala piena! Sono andata ad ascoltare una conferenza di Marcello Bortolato, un magistrato: la sala piena. Sono andata ad ascoltare Umberto Galimberti, filosofo e psicoanalista, addirittura sono stata chiamata la mattina della conferenza per chiedere se volessi rinunciare ai miei posti perché c’era una richiesta esorbitante. Sono andata a Torino, alla fiera del libro e c’era una fiumana di gente. Sono stata ad un  corso tenuto da Lucilla Giagnoni sulla poesia: tutti i posti (a pagamento) esauriti. Gente disposta a pagare per un corso di poesia: solo 4 insegnanti su 20 iscritti.

Certamente la pandemia con le restrizioni ha fatto venire voglia alla gente di frequentare posti, con una bulimia che ha preso anche me, se pensate che ovviamente vi racconto di cose alle quali sono stata io, in meno di un mese. Però riflettevo ieri mentre tornavo da Sirmione, con la testa piena delle sollecitazioni della Giagnoni: cosa spinge un informatico, un contadino, una tecnica, un bambino di 12 anni ad iscriversi ad un corso di poesia? Come dire, io un po’ per mestiere, un po’ per vocazione (come dice Galimberti a proposito degli insegnanti, dei medici e dei giudici: non un mestiere ma una vocazione), ho a che fare con la poesia e quindi volendo far apprezzare ai miei studenti la magia della parola poetica, per rinnovare la mia didattica, per trovare spunti nuovi che non facciano annoiare me e di conseguenza i miei studenti, mi iscrivo a questi corsi.

Ma gli altri che in libertà, diciamo così, scelgono di iscriversi, pagano una quota, investono un sabato e una domenica intera per chiudersi in un teatro con l’aria condizionata a manetta, per studiare il V canto dell’Inferno o il coro di morti nello studio di Federico Ruysch, perché lo fanno? Lucilla Giagnoni sostiene che la scienza e  la conoscenza esistono grazie all’esperienza, mentre per avvicinare l’inimmaginabile abbiamo bisogno dei poeti, tanto che i testi sacri di tutte le religioni sono scritti con linguaggio poetico. E allora forse sta qui il bisogno di queste persone: cercare la bellezza attraverso l’unico strumento che ti può davvero avvicinare all’infinito, senza mai arrivarci. La scienza e la conoscenza hanno lo scopo dichiarato di trovare una soluzione, una risposta dimostrabile ad un quesito. Tanto che se una nuova scoperta scardina una verità scientifica del passato, questa perde di validità. Mentre la poesia ti mette in contatto con la parte più profonda di te e dell’universo, con il solo scopo di starci dentro e gustarsi le emozioni e le sensazioni che vengono provocate da questa immersione.

Del resto il piacere sta nel viaggio, non nella meta: ..e in questa immensità s’annega il pensier mio. G.Leopardi

Cindy

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