June 18, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 2 min.

Durante l’anno acquisto dei libri che tengo da parte per leggerli durante l’estate: arrivo a giugno con una discreta pila di romanzi pronta per essere aggredita. L’ultimo giorno di scuola ho portato i miei alunni in biblioteca per scegliere i loro libri da leggere quest’estate e sugli scaffali all’ingresso della biblioteca troneggiava questo libro. L’argomento mi interessa molto, credo di aver letto forse una ventina di testi sul caso Moro e altrettanti sugli anni di piombo in generale. Sapevo chi fosse Antonio Cornacchia: generale dei Carabinieri, capo del Nucleo Investigativo con il nome in codice Airone 1 (con il quale firma, insieme al suo nome, i suoi libri), ma soprattutto l’uomo che aprì con il piede di porco la Renault 4 nella quale giaceva il corpo di Aldo Moro la mattina del 9 maggio 1978.

Non avevo letto nulla di Cornacchia. Ammetto di avere un pregiudizio fortissimo nei confronti di chi ha servito lo stato negli anni in cui una parte dello stato era deviata. Ma in questo caso il libro era lì, sullo scaffale della biblioteca, non dovevo acquistarlo. Mi chiamava. L’ho preso e divorato. Credo sia il primo libro che leggo scritto da un carabiniere testimone dei fatti di cui scrive. Ogni volta che leggo qualcosa di quegli anni è come se trovassi la tessera di un puzzle che non riesco mai a finire. A volte mi sembra che nella scatola di questo puzzle ci siano finite dentro anche tessere di altri puzzle, giusto per confondere un po’. La tesi di fondo del libro è che la morte di Moro non sia stata organizzata dalle BR per dare il famoso colpo “al cuore dello stato”, ma sia stata pensata a Yalta, trent’anni prima, quando USA e URSS si spartirono le sfere di influenza del mondo e stabilirono che l’Italia dovesse rimanere subalterna agli Stati Uniti, possibilmente spaccata per non avere una posizione dominante nel Mediterraneo. Moro ha pagato con la vita il tentativo di unificazione nazionale attraverso il compromesso storico. Secondo Cornacchia, “il caso Moro non è stato che un atto di guerra politico-economico per opera di stranieri contro l’Italia, con l’utilizzo di manovalanza interna”.

Nel libro Giustizia non fatta trovano spazio anche le vicende di Pier Paolo Pasolini e Mino Pecorelli, uccisi secondo Cornacchia perché informati di fatti inerenti il coinvolgimento dello stato nelle vicende dello stragismo nero, in particolare Pasolini per piazza Fontana a Milano e piazza Loggia a Brescia e Pecorelli per il caso Moro. Dal 1981 si sono susseguite numerose Commissioni d’inchiesta volte a chiarire la vicenda del caso Moro, l’ultima del 2017, segno che la vicenda è tutt’altro che chiarita e conclusa. Sul caso Moro esiste una verità “dicibile” che emerge dal memoriale scritto nel 1990 da Valerio Morucci, brigatista attivo nel sequestro Moro, dissociato dalle BR in seguito al suo arresto. Tale memoriale pare sia stato costruito con il supporto dei giudici Imposimato e Priore, il Sisde e Francesco Cossiga al fine di arrivare a un epilogo che potesse chiudere la vicenda.

Sui fatti raccontati nel memoriale sono emersi innumerevoli dubbi e contraddizioni evidenti che hanno gettato ulteriori ombre su tutta la vicenda: esiste una verità dicibile ed una verità indicibile?

Perché Cossiga, il Sisde, i giudici, come dire, i garanti del potere dello Stato decidono di raccontare una “verità” con un brigatista? Ma la verità esiste? Esiste una verità storica ed una giudiziale? Del caso Moro, né l’una, né l’altra. Cornacchia prova a rispondere a queste domande, cercando i responsabili anche fuori dall’Italia. Mentre leggevo, però, mi chiedevo: possibile che un uomo a capo del Nucleo Investigativo di Roma, braccio destro di Cossiga che allora era ministro degli Interni, scriva un libro nel quale accusa lo Stato come se ne non ne facesse parte? Parla di quegli anni come ne potrebbe parlare un giornalista o uno storico, ma lui è quello che per primo è arrivato in Caetani quella mattina del 9 maggio 1978! Ecco una nuova tessera del puzzle, sarà del puzzle giusto? Se non fosse la storia politica della nostra nazione, sarebbe sicuramente uno dei gialli meglio scritti.

Cindy

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