February 13, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Quando abitavo in città, andavo al cinema quasi tutte le settimane in due sale ubicate nel centro storico. Ho sempre snobbato le multisala, con quell’odore finto di popcorn finto e con quel rumore di sottofondo di gente che mangia e beve. Andando a vivere in paese, ho smesso di andare al cinema così spesso perché “prendilautotrovaparcheggiovaiapiedifinoalcinemaguardailfilmtornaallautoguidafinoacasa” è diventato un ostacolo tale che solo per pochi film ne valeva la pena. A causa di questo, ho ceduto anche alla multisala, che da casa mia dista dieci minuti. Ma la mia salvezza negli ultimi anni è stato il piccolo cinema di un paesino di duemila anime a tre chilometri dal mio. Il gestore ha buon gusto, così ha organizzato una rassegna il martedì sera chiamata “cinema d’autore” e il sabato e la domenica mette in programma quattro proiezioni, due per bambini e due per adulti, di film usciti un paio di settimane prima.

Ieri sera sono andata a vedere Grazie ragazzi, un film che ho tentato di andare a vedere a Brescia senza riuscirci, e che il gestore del cinemino mi aveva promesso da almeno due settimane. Questo per dire che era un film sul quale avevo proiettato parecchie aspettative. Ben ripagate! Purtroppo non è una produzione originale, ma è il remake di Un triomphe di Emmanuel Courcol, uscito nel 2020 e, mi dicono, altrettanto bello. Uno dei commenti che ho sentito ieri sera era infatti: “I film italiani sono belli quando sono fatti dai francesi!”. Non condivido questo commento in toto, anche se nasconde un po’ di verità.

Veniamo alla trama. Un attore un po’ in decadenza che si mantiene (male) doppiando film porno viene chiamato a lavorare per un progetto di teatro all’interno di un carcere. L’attore è interpretato magistralmente da Antonio Albanese, che ha un fondo di malinconia nello sguardo (da me notato ancora ai tempi di Maidiregol) per cui queste parti gli riescono veramente bene. Il film racconta del percorso che Antonio Cerami (Antonio Albanese) intraprende all’interno del carcere di Velletri. Al corso partecipano quattro persone, più una, che non si  iscrive al corso, ma è sempre presente durante le lezioni e alla prima dello spettacolo ha un’idea che snaturerà lo spettacolo, rendendolo però unico e geniale. Spicca tra tutti Diego, interpretato da un bellissimo Vinicio Marchioni, che è un po’ il boss del carcere. Il laboratorio parte con qualche fatica, scelto più “perché il corso di yoga è da froci” che per convinzione. Poi, però, il laboratorio decolla quando Cerami, ascoltando i ragazzi parlare di come è la loro vita nel carcere: “Aspettiamo l’ora d’aria, aspettiamo la notte, poi aspettiamo il giorno e tutti qua dentro aspettano di uscire” decide di mettere in scena Aspettando Godot di Samuel Beckett.

E’ un successo e dalla messa in scena per i detenuti, il quintetto viene invitato a fare spettacoli in più teatri d’Italia. Chiaramente il finale è particolare e non lo rivelerò. Gli spunti di riflessione sono tantissimi, a partire chiaramente dalle condizioni dei carcerati, dalle condizioni di semi povertà nelle quali vive Cerami, chiuso in un monolocale a Ciampino tra treni che sfrecciano e aerei che decollano, fino al senso della vita sospeso nell’attesa di qualcosa che è forse solo Godot.

Cindy

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