December 23, 2019

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 2 min.

Io mi chiedo quale fosse il libro simbolo del Natale prima del 1843, anno del glorioso parto del libro che resta saldamente ancorato in cima alla classifica dei classici della letteratura natalizia. Al secondo posto, sempre lui. Al terzo, ancora lui. Conoscete forse un libro che potrebbe competere con Il canto di Natale in una possibile classifica della letteratura natalizia? Io no. Mi immagino che tristezza i Natale spogli pre 1843, quando si mangiava senza percepire niente di particolare nell’aria, durante i quali avveniva un veloce scambio di regali e poi tutti in processione a capo chino per la Messa di mezzanotte, che ti beccavi sempre il cretino che ti faceva lo sgambetto e entravi in Chiesa tutto sbucciato. E mi immagino il trionfo del Natale annata 1843, quando finalmente Charles Dickens ha mostrato al mondo cos’erano spirito natalizio, miracolo natalizio, redenzione natalizia e monito natalizio e tutti finalmente hanno capito che potevano essere fetenti durante l’anno, ma mai e poi mai a Natale, e finirono finalmente gli sgambetti nelle processioni (ma guai a uscire senza ginocchiere a Capodanno). Ve lo beccate in formato film, racconto, opera teatrale, riscrittura disneyana, puntata speciale natalizia di quasi tutti i telefilm anni ’90, rivisitazione romantica (l’hanno fatto anche le Barbie!!!), probabilmente anche barzelletta e, dallo scorso anno, anche in versione byopic su Charles Dickens, autore di questo capolavoro. Biografia che, non a caso, prende il didascalico titolo de “Charles Dickens, l’uomo che inventò il Natale” e che vi invito a vedere stasera in tivvù sul canale 8 (sul 20 c’è “Beetlejuice spiritello porcello”, ma so che farete la scelta giusta).

Insomma, qualunque formato narrativo abbiamo inventato da allora per raccontarne il canto, sappiate che non esiste Natale senza Il canto di Natale e non esiste messaggio migliore di quello consegnato dai fantasmi a quello stronzo di Ebenizer Scrooge, arido bancario che vuole solo lavorare e schiavizzare i subordinati, evitare la compagnia degli altri, parenti compresi, e che, la sera della viglia di Natale, riceve la visita del fantasma del suo defunto socio per la lavata di capo madre di tutte le lavate di capo: “tee, sciemo, arda che se ta la mochet mia la va a finì mal fes, me tal dise, ansi, speta en minut che i ria enfina mai en tre a ditel”*. Il suddetto socio Marley rappresenta una meravigliosa introduzione al pentimento e al pianto sul latte versato, quello che Scrooge sta per versare a ettolitri… provvidenziale quindi l’arrivo dei tre celeberrimi fantasmi, il fantasma del Natale passato, il fantasma del Natale presente e il fantasma del Natale futuro, che mostrano a Scrooge da dove viene e dove sta andando a finire il suo cammino, al fine di ALLARME SPOILER fermare la sua corsa alla morte in solitudine e farlo tornare sulla strada dell’amore e compassione umane.

Ammantato dalla neve e illuminato dalle suggestive luci natalizie, il canto di Natale parla del miracolo della preveggenza, quello che tutti noi vorremmo possedere: il dono di poter vedere oltre le nostre scelte e assicurarci la buona riuscita senza prenderci la briga di rischiare, che, in questo caso, sono compiute ma non definitive. Scrooge riceve l’inestimabile dono della “scolorina del pentimento” e torna ad essere un uomo buono a un passo dal punto di non ritorno. Magia del Natale! Probabilmente quello che a noi pare ovvio, “comportati bene o muori da solo, imbecille”, altrimenti detto “tutto quello che fai ti torna indietro 3 volte tanto”, prima del 1843 non era proprio cristallino, e Charles insegna al mondo che dall’amore nasce amore e dalla stronzaggine nasce la stronzaggine, possibilmente non solo a Natale. Sorvoliamo momentaneamente sulla delicata questione del “mi comporto bene che c’ho paura che muoio sola”, essendo che SO che siamo buone dentro e quindi impossibilitate per natura a fare in cambio di qualcosa.

Ma voi ve la immaginate la visita di 3 fantasmi?!? A casa vostra, ai giorni nostri, nel 2019?? Ci impiegheremmo dalle 2 alle 5 ore per capire che non si tratta di:

a- residuo non metabolizzato del brindisi della Vigilia

b- il vicino di casa nerd patito con gli aggeggi crea ologrammi

c- bizzarro virus intestinale che prende il cervello

e una volta afferrato di aver ricevuto una visita singolare, avremmo il coraggio di ascoltare cos’hanno da dire? Cosa pensa qualcun’altro di noi? Quante persone piangeranno sulla nostra tomba? Se sentite un brivido dimenarsi al centro della nuca, significa che state per versare il latte e che dovete dimenticarvi Beetlejuice. Immergetevi nell’atmosfera de Il canto di Natale e fate lo sforzo di essere migliori. Per stasera? Per domani? A voi la scelta… ma sono rumori di catene questi???

*Tratta dalla rivitazione Il canto di Natale a Brescia, riassume con garbo il monito del socio Marley, che lo esorta a mollare il suo stile di vita basato su denaro e stitichezza morale.

Giulia

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