October 20, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Stephen, lui, il re dei brividi, dell’horror, di tutte le creature tremebonde chiuse nell’armadio (intendo nel vostro, eh) e, dai, anche un po’ di tutti i qualcosa-patici esistenti, finalmente diventa il protagonista della mia rubrica di recensioni letterarie. Non vedo l’ora di taggarlo su Instagram, certa che un saluto me lo fa. Ma voglio stupirvi con qualcosa di particolare, non un libro “classico” del King (sento che qualche classicista potrebbe arrabbiarsi per questa uscita), ma una storia breve che tratta in modo alternativo il tema del tempo e degli ipotetici viaggi temporali.

Eccoci dunque qui riunite per leggere la recensione della prima delle quattro novelle, ugualmente maravigliose, contenute nel libro Quattro dopo mezzanotte del Re Stephen, dall’allegro e per nulla oppressivo titolo I langolieri. Pare evidente infatti che questi “langolieri” siano brave persone, probabilmente colleghi di majorette e sbandierator… beh, andiamo avanti.

TRAMA PER NULLA DESTABILIZZANTE

Il capitano Brian Engle deve essere una di quelle persone leggermente iellate, altrimenti non si spiegherebbe come, al termine di un volo disastroso, ma portato a termine impeccabilmente (da lui stesso, eh. E’ bravone, il Brian) venga informato della morte dell’ex moglie e invitato a volare a casa con il primo aereo disponibile, e che tale volo disponibile sia l’inizio di un incubo alla… Stephen King! Ah-ah. La smetto subito. Insomma, dopo essersi appisolato per non si sa quanto tempo, scosso da incubi terribili (ma abbastanza premonitori, col senno di poi), scopre di condividere il volo con una manciata di persone, mentre tutti gli altri passeggeri, non si sa come né perché, sono spariti. Non sono spariti benissimo, nel senso che hanno lasciato come scia della loro esistenza gioielli, portafogli, occhiali, parrucchini, e cose altamente inquietanti come capsule odontoiatriche, pacemaker e punti chirurgici. Qui per forza ti chiedi che cosa mangi per colazione Stephen, ma il pensiero dura una manciata di secondi, perché ti ritrovi a condividere le sorti di questi poveri cristi su un aereo che, beh, sta viaggiando anche senza pilota. Puff. Scomparso pure quello, insieme al co-pilota che stava mangiando un pasticcino al momento del “fattaccio”. Sempre meglio lasciare ai posteri un pasticcino, che una protesi in titanio. Comunque… i pochi sopravvissuti cercano di fare fronte comune, di analizzare una cosa ai limiti del plausibile, soprattutto quando scoprono che, sotto i cieli bui in cui vola l’aereo, non esiste più NULLA. Bella fortuna comunque avere Brian a bordo, che prende il posto del pilota scomparso e si mette a decollare e atterrare all’occorrenza, altrimenti la novella finiva con un disastro aereo a pagina 10. E noi non avremmo scoperto che, grazie allo spirito deduttivo di un giallista e dei poteri paranormali di una bambina cieca, a bordo insieme ad altri deliziosi personaggi (immancabile il sociopatico con disturbi compulsivi) si giunge al motivo di quell’agghiacciante sparizione: sono finiti dentro le chiappe di un buco temporale, che li ha catapultati dove il tempo passato e morto deve cancellare le sue tracce, un po’ come i documenti in eccesso vengono ridotti in striscioline dall’apposita macchina che trita. Invece dei trita documenti, il tempo morto usa i langolieri. Riusciranno i nostri eroi a tornare nel corretto flusso temporale? Essendo che a tal genere letterario potrebbe appartenere sia l’epilogo positivo che quello drammatico, passo e chiudo. Tanto quel volpone riesce a unire tutte e due le cose…

FINE TRAMA PER NULLA DESTABILIZZANTE

Ora, posso partire con una cosa che non c’entra nulla con la recensione? Ovvero: io quando leggo queste cose qui, vengo assalita dall’ansia. Eh, grazie, tutti, infatti si tratta di Stephen King e non di Sophie Kinsella, ma non mi riferisco all’ansia infilata esplicitamente dall’autore dentro le righe, ma quell’ansia consapevole di essere intellettualmente inferiore ai personaggi di cui stai leggendo le gesta, quei personaggi le cui menti agiscono all’unisono per arrivare alla soluzione del problema. Grazie, Stephen, mi serviva proprio una siringata di inettitudine all’altezza della giugulare! Se fossi stata una dei superstiti, non sarei servita a molto, se non a insegnare a tutti come si starnazza per ore senza impattare troppo sulle corde vocali. Comunque, andiamo di recensione, che me la cavo meglio.

Geniale piccolo folle Stephen. Ti catapulta in una storia assurda, in cui comunque inizi a credere dalla copertina. I personaggi sono realistici, pieni di ossessioni, paure, risorse morali e intellettuali, e credo che nessun altro al mondo sia in grado di tratteggiare personaggi in quel modo profondo e mai pesante, con contorni chiari, puliti, e una prosa che ti spiega ogni dettaglio, a volte con similitudini ben assestate che non scadono mai nello scolare. Ehi, quel birbante vi fa pure ridere, sapete? Il fatto che stia scrivendo una meraviglia ansiogena non lo esula dalle battute di spirito, che appartengono a ogni creatura, persona reale o personaggio che si spaccia per tale, e soprattutto non lo rende immune da una bella dose di romanticismo. In ben due su quattro delle novelle di questa raccolta sbocciano amori e nella terza novella, l’amore rappresenta la sorgente di ogni gesto o pensiero del protagonista. Adesso mi metto a cercare eventuali storie zuccherose di Stephen, sia mai che abbia iniziato la carriera con un erotico e poi abbia capito che preferiva mandare i lettori al creatore con pagliacci nelle fognature e giocosi fantasmi di gemelle defunte.

Parliamo un secondo dell’utilizzo delle coordinate temporali: in un mondo ormai pieno di viaggi nel tempo e di multiversi possibili, in cui cediamo alle lusinghe dell’esistenza di diverse “versioni” dei personaggi su terre diverse dalla nostra (l’ipotetica Terra 1), Stephen offre un’alternativa stuzzicante, una boccata d’aria che, seppur ghiacciata e orrorifica, ci spinge a confermare il suo genio creativo. Eh, son capaci tutti, a scrivere Ritorno al futuro.

Cosa potrei mai consigliarvi, a parte imparare l’arte e metterla da parte? Per una volta, invece di suggerirvi di inciuciare anche durante un mezzo disastro aereo, vi dico: datevi alla conoscenza. Siate bulimiche di informazioni di ogni tipo, dedicatevi alla deduzione, ragionate con la testa invece che con altre parti del corpo, sia mai che vi capiti di dover uscire da un impiccio tipo quello inventato da Stephen. Cosa “ma che dici”? COSA? Si dice o non si dice che “la realtà supera la fantasia”?? Ecco.

Lo sentivano russare beatamente e per un momento Albert Kaussner si sentì rodere dall’invidia: quanto avrebbe desiderato lui potersi svegliare dopo che fossero atterrati sani e salvi come molto probabilmente avrebbe fatto l’uomo con la barba e dire allora quello che altrettanto probabilmente avrebbe detto: Dove diavolo siamo?

Giulia

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