November 23, 2022

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Salve, questo è l’inizio, l’inizio di un film intitolato: Il prodigio.
Le persone che state per incontrare, i personaggi, credono nelle loro storie con assoluta devozione…
 è così che si presenta a voi il film intitolato appunto, Il prodigio, ultima pellicola di Sebastian Lelio disponibile su Netflix che vede la meravigliosa Florence Pugh come protagonista. La voce narrante vi prende subito per mano e vi accompagna all’epoca dei fatti, il 1862, con un curioso piano sequenza che non si risparmia nel mostrare il set cinematografico dello stesso film, quasi a voler ammettere la finzione della vicenda, ma invitandovi allo stesso tempo a credere a tutto ciò che state per vedere, senza riserve.

Quando ho visto il trailer de Il prodigio e soprattutto Florence Pugh, che HO ADORATO in Midsommar, ho cominciato a fare il conto alla rovescia, ma l’attesa ha ripagato solo in parte. Siamo nell’Irlanda del 1862, ai tempi della Grande Carestia, e Florence Pugh interpreta l’infermiera inglese Lib Wright chiamata in un isolato paesino per indagare su quello che viene considerato dagli abitanti un miracolo, ossia la curiosa condizione della piccola Anna, la quale sopravvive ormai da mesi senza mangiare assolutamente nulla. Inevitabile è la curiosità di abitanti, giornalisti e fedeli che alimentano il pellegrinaggio alla casa degli O’Donnel, genitori della giovane miracolata.

Intendiamoci, ci si mette subito dalla parte della scettica infermiera perché il film sembra non voler mai prendere la strada del classico thriller, o horror a tema religioso, anche se era quello che speravo, viste le premesse del trailer, quindi durante tutta la pellicola ci si lascia prendere in giro dai suoni della colonna sonora, che sembra portare da tutt’altra parte, e dalla convinzione del resto dei personaggi, che credono in modo assoluto ai fatti, fidandosi ciecamente della propria fede religiosa e aggrappandosi in modo morboso a ciò che vedono, senza porsi domande. Così, insieme alla protagonista, ci ritroviamo con l’enorme fardello di capire cosa c’è di vero, e la regia ci aiuta, con inquadrature che sembrano scimmiottare le azioni di un investigatore che però non possiede abbastanza mezzi per controbattere il credo del paesino, a parte la propria autorità scientifica e medica, messa ogni minuto in discussione con la fede religiosa, argomento che risulta molto più attuale di quanto si pensi e che rende logica l’affermazione Abbiamo tutti bisogno di storie.

L’aspetto interessante del film è proprio questo, l’illusione iniziale di assistere alla classica storia di “possessione” e invece c’è qualcosa in più, ma non abbastanza perché il dramma costruito all’interno della pellicola, fatta di colori spenti, ambienti bui, come era logico a quell’epoca, non disturba, non destabilizza come forse dovrebbe, non coglie di sorpresa, ma ci lascia in un contesto perennemente uggioso, sempre in attesa di qualcosa che ci possa stupire. Quindi, vale la pena guardare Il prodigio? A mio parere sì, solo se vi va di immergervi in un’atmosfera in bianco e nero (o quasi), se amate i drammi in costume e se siete curiosi di capire cosa c’è di vero nel racconto, indagando insieme all’infermiera, avvicinandovi ai particolari con lei, sforzandovi di controbattere il vostro scetticismo, consapevoli che potreste essere colti da leggeri colpi di sonnolenza se non resistete abbastanza da giungere all’epilogo che, tutto sommato, merita il “prezzo del biglietto”, perché nasconde un profondo insegnamento.

Il mio voto: 6 popcorn su 10.
Buona visione!

Mister Bufo (Alfonso)

Condividi l'articolo con i tuoi amici

Exclusive Content

Be Part Of Our Exclusive Community