February 9, 2022

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Sono ancora qui. Ho deciso che sposto gli insani gesti al prossimo decennio. Quindi vi porgo una recensione matura e ammmerigana di uno dei molteplici libri di Glenn Cooper, che io immagino essere il compagno di merende di Dan Brown. Me li vedo a sbronzarsi di brutto e a scriversi sulle braccia le idee per i loro prossimi bestseller, criptogrammi compresi. Tra l’altro mi chiedo come mai non esistano trasposizioni cinematografiche dei libri del Glenn. No dico, ne parliamo de La biblioteca dei morti? Non dico impazzire per ricreare la location “inferno putrescente” di Dannati, ma di scribi inquietanti, non ne abbiamo?

Ma veniamo a noi e al libro della recensione, dal titolo Il sigillo del cielo, un altro romanzo adatto agli amanti dei misteri esoterici e della narrazione a salti temporali, come la sottoscritta.

TRAMA DI OSSIDIANA

Il super archeologo Hiram Donovan trova uno strano disco di ossidiana durante uno dei suoi scavi in Iraq, nel 1989, nel sito del monastero di Rabban Ormisda. Per qualche oscuro motivo, invece che rivelare la scoperta, lo nasconde e lo spedisce alla moglie in America, in attesa di fare ritorno a Harvard e scoprire se i suoi sospetti, che quella sia una pietra per la cataptromanzia, ovvero per comunicare con angeli e spiriti, siano fondati. Idea di merda bruttina. Un potente figuro e il suo scagnozzo lo fanno fuori, cercando la pietra, facendolo passare per un incidente. Saltiamo ai giorni nostri. Lo scagnozzo fa fuori anche la moglie di Donovan, sempre per recuperare questa benedetta pietra, e tenta di far fuori anche il figlio, dopo che la fidanzata di lui l’ha trovata dentro una scatola di scarpe (donne!) sistemando le cose della defunta madre. Allora il figlio Calvin Donovan, che è bello bravo ricco istruito e intelligente, decide di scoprire a cosa serve a questa pietra, mentre noi saltiamo al tempo di chi, la pietra, l’ha fabbricata per volere degli angeli, e anche al tempo del’astrologo e alchimista della regina Elisabetta, John Dee, e del suo veggente di punta, Edward Kelley. Anche i giorni nostri offrono una bella veggente, ci mancherebbe. Dispersa al limite del deserto, Eve Riley aiuta Cal Donovan a capire che i “cattivi” vogliono mettere le mani sulla pietra per parlare con l’angelo caduto…

FINE TRAMA DI OSSIDIANA

Che non me ne voglia Daniele Marrone, che abbiamo citato in testa, ma Glenn Cooper riesce a usare la struttura dei salti temporali, pur ricorrente in tutti i suoi romanzi, in modo fresco e pertinente, solo per offrire al lettore un lume sulle origini degli oggetti esoterici di cui tratta: invece di mettere in bocca gli “spiegoni” a qualche personaggio principale, porta il lettore direttamente indietro nel tempo e sembra che gli chieda persino “tutto chiaro??”; contrariamente a Daniele, colpevole di usare la stesso scheletro narrativo in tutti i suoi romanzi (la prima pagina viene assegnata allo scagnozzo, poi si passa al protagonista, poi al mandante dell’omicidio, che, tra l’altro, lo scagnozzo non conosce, poi si torna al protagonista, poi via con il primo rompicapo…). Forse possiamo paragonarne la scrittura non particolarmente brillante, che comunque sospetto dipendere dal fatto che il lettore deve perdersi nell’intrico temporale della storia, piuttosto che nell’eleganza lessicale.

Dunque. La vita oltre la morte interessa allo scrittore da molti libri, non possiamo non notarlo, e di lui dobbiamo apprezzare i tentativi sempre nuovi di catapultarci dentro pratiche esoteriche credibili, verosimili, alla portata della mente curiosa di tutti gli amanti del genere. Voglio dire, se trovassi un disco di ossidiana che riflette ogni tipo di luce e luminescenza, potrei andare anche io a chiedere al mio amico prete se devo usarla per contattare il mio angelo custode o se posso farci una bella collana per la cena dei coscritti (dove comunque ci sarebbe anche lui, che sono coscritta del mio amico prete).

Il protagonista, anch’esso da tradizione Cooperiana, c’ha tanti pregi: trattasi infatti di un rinomato accademico bello e forte, la cui mensa sana si incastra in un corpore sano da ex militare, pure un po’ sciupafemmine, quello che preferisce una relazione stabile con i superalcolici che con le donne (al giorno d’oggi, l’alcolismo q.b. rientra a pieno diritto nei pregi), e infatti tiene il piedino in due scarpe. Ma non spoileriamo. Diciamo piuttosto che Cooper ci presenta la sua versione del libero arbitrio cristiano: gli angeli evocati non possono agire dal luogo celeste in cui si trovano se non per mano degli uomini, a cui, nuovamente, vengono rimessi in spalla i pesi delle loro scelte. Eppure, in dirittura d’arrivo, si scopre che l’angelo caduto, invece… shshsssssss.

Quando incollarono l’ultimo pezzo, erano ormai le tre passate. Cal e Eve si alzarono e si abbracciarono. Lei era ubriaca di stanchezza, lui ubriaco e basta, e non era chiaro chi stesse sostenendo chi.
«Letto», gracchiò Cal.
«Tu vai pure. Io voglio stare qui qualche altro minuto col papiro».

Giulia

Condividi l'articolo con i tuoi amici

Exclusive Content

Be Part Of Our Exclusive Community