December 2, 2020

Categoria: Consigli utili

Tempo di lettura: 2 min.

L’ho visto il video su come fare la spesa in maniera sexy. L’ho visto la prima volta su un post di Selvaggia Lucarelli e la seconda volta a Propaganda Live, su La7. Sinceramente non mi ha scandalizzato, o meglio, non mi ha irritato più di tanti altri video che i media definiscono sessisti. Il primo commento che ho fatto, a caldo, è stato: “Ma come si può andare a fare la spesa con i tacchi a spillo?”. Un tempo adoravo i tacchi e pur non essendo capace a camminare, li indossavo, sfidando le leggi di gravità, prendendo delle storte pazzesche o cadendo rovinosamente a terra. Da qualche anno non li indosso più, al massimo mi concedo delle zeppe che mi permettono di sentirmi a mio agio, regalandomi qualche centimetro in più. Però neanche quando indossavo i tacchi sono mai andata a far la spesa indossandoli.

Poi ho seguito la polemica che ne è derivata e ho appreso che questo video era un tutorial, all’interno di un programma costituito da tutorial. Un programma soprattutto rivolto alle donne. Analizziamo il concetto di tutorial, soprattutto per mia mamma, mia grande lettrice e sostenitrice, poco avvezza al linguaggio giovanile. Mami, il tutorial è un programma che guida l’utente nell’apprendimento di un programma complesso nel campo dell’informatica, ma da qualche anno si trovano sul web tutorial su qualunque argomento (devo dire che io ne faccio largo uso, soprattutto per quelle faccende che sembrano banali, ma non lo sono, tipo fare il nodo alla cravatta o cambiare l’inchiostro alla stampante). Quindi questo programma è costituito da mini tutorial che insegnano, soprattutto alle donne, qualcosa. Quali sono gli argomenti? Cosmesi, trucco, parrucco, pulizie, salute, benessere, cucina, arredamento, economia domestica e fai da te. NON ECONOMIA, MA ECONOMIA DOMESTICA! Sia mai che una donna pensasse di poter avere qualche dritta su dove investire i propri risparmi, guadagnati con il proprio lavoro!!

Il problema non è tanto un video che insegni a fare la spesa in modo provocante, ma l’idea stessa di donna che sta dietro al programma: la donna casalinga, cuoca, madre, infermiera, arredatrice, parrucchiera ed estetista alla bisogna.

Non solo, ma il programma sottende l’idea che la donna debba imparare ad essere quel tipo di donna, sia mai che nel frattempo si sia un po’ emancipata.

Stamattina, mentre impastavo il pane, prima di preparare la colazione ai miei figli, ho provato a soffermarmi su quale fosse la differenza tra me che impastavo e mia nonna che impastava. Io posso scegliere. Lei no. Lasciamo stare la contingenza economica del dopoguerra che evidentemente imponeva di fare il pane in casa. Io scelgo, perché mi piace, perché mi rilassa, perché trovo una cosa magica fare il pane. Nessuno me lo impone. So che potrei smettere di farlo se volessi (ma non voglio, mi piace troppo!!). Mia nonna lo faceva, perchè doveva.

E la mia libertà (oltre che ingenuità) l’ho misurata proprio quando, nel vedere il tutorial sulla spesa sexy, non ho pensato alla donna oggetto, ma alla scomodità dei tacchi. Se il mettere i tacchi è una tua scelta, va benissimo (io ho una collega che dichiara di indossare i tacchi da quando era piccola e di non saper più camminare senza). Ma il problema è che ci sia un tutorial, ossia un video che GUIDA LA DONNA ALL’APPRENDIMENTO… di cosa? Di uno sculettamento, volto ad accalappiare un uomo alla Coop??? Ecco, detto così mi irrito, molto! Per il cliché, per la donna oggetto, per l’idea di seduzione, per la banalità. E ovviamente per il sessismo. Per fortuna donne intelligenti come Selvaggia Lucarelli o Lilli Gruber si sono indignate pubblicamente. E contemporaneamente è circolata la lettera del prof. Galice che, attraverso un j’accuse, si è scagliato contro Barbara d’Urso, Maria de Filippi, Alessia Marcuzzi e Signorini, ritenuti colpevoli del “decadimento” culturale del nostro paese (non so se esista davvero questo professore, ma la lettera è comunque un atto di accusa molto forte e condivisibile).

Però io mi chiedo, anche in maniera provocatoria, se tali programmi esistono è perché esiste un pubblico che li segue… ma il pubblico è condizionato da tali programmi oppure sono questi programmi ad essere condizionati dall’esistenza di un pubblico siffatto? Insomma, nasce prima l’uovo o la gallina??

Cindy

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