March 24, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Io ve lo dico. Questa recensione non contiene spoiler, ma una dose di melatiro che non si vedeva dai tempi della mia prima recensione letteraria (dove avevo scritto una cosa come “io con questa autrice ci vado al mare, ma sicuramente anche voi conoscete persone stimolanti, su”). Invece con l’autrice del libro di cui vi parlo oggi mi faccio pure il karaoke. E l’ho vista in pigiama. Piccole tenere zozze, rispedite al mittente i vostri pensieri romance, che eravamo in sette. Non credo di aver migliorato la situazione, comunque…

Vi recensisco con immensa gioia gotica l’ultimo libro di Margherita Maria Messina, il fondente nero Lacrime di Elicriso, edito da WordsEdizioni e presentato in anteprima al Festival del Romance Italiano 2023, durante il quale mi sono impossessata di castagne, cioccolato, amore, questo libro, dando in cambio il mio cuore e il caricabatteria del telefono.

Inutile nascondervi che ho iniziato a leggerlo quando il sole splendeva alto nel cielo, ma alto forte, che il teschio in copertina mi guardava storto (e mi giudicava, era evidente, mi faceva proprio body shaming) e la sinossi con retrogusto di paranormale mi faceva venire voglia di gocce di Lexotan. E poi ho dovuto continuare anche quando calava. Fino alla fine, fottendomene della rotazione terrestre. Ci troviamo in un manicomio sul finire dell’Ottocento a Londra, e, beh, andateci via voi, se ci riuscite, da un’ambientazione del genere. Io sono rimasta a spiare il lavoro dell’alienista Edward Harms, ben appiccicata alle pareti, per paura che mi vedesse e decidesse di rinchiudermi. A essere precise, noi lo conosciamo mentre viene ricoperto da una trafila di condoglianze per la morte della moglie (terza pagina, non mi pare proprio un colpo basso ai danni di voi future lettrici), scocciato dal caldo anomalo e dall’eccessiva lunghezza degli strascichi della funzione. La narrazione in terza persona non tarda a spiegare che il loro era uno di quei matrimoni d’interesse che rappresentano un tratto distintivo dell’epoca. Ricco salva nobile decaduta e acquista qualifiche, nonostante la sua intera vita ruoti attorno al Bethlem e alla voglia di proteggere i suoi pazienti dalle pratiche crudeli che, ancora una volta, ci informano dell’ignoranza medica e sociale di quegli anni.

Eppure, signore mie, pochi mesi dopo il dottor Harms inizia a provare un senso di oppressione che non riesce a spiegarsi in alcun modo, e che certe allegre sostanze di cui abusa per aumentare le ore di veglia da dedicare alla cura dei malati non riescono a lenire come un tempo, anzi. Una crisi improvvisa lo costringe a recarsi alla farmacia del dottor Bram e a conoscerne la nuova assistente Ophelia Blackwood, un medico naturalista dotata di due poteri particolari. Non dite pollice verde, sacrileghe. La prima: empatia. La dote dell’ascolto profondo, il biglietto per un viaggio virtuale all’interno dello spirito del paziente, che concorre alla sua salute tanto quanto l’involucro fisico. La seconda: Ophelia vede le ombre. E sa cos’affligge Edward. Il suo secondo potere le permette di vedere oltre i confini (abbiate pazienza, son sibillina per paura dello spoiler), e cerca in ogni modo di recidere i rapporti con l’alienista, ma lui non glielo permette, consapevole di non poter guarire senza il suo aiuto. Stavo male anche io, se vi interessa. Stavamo male tutti e tre, guardate. I destini e gli spiriti corrotti di Edward e Ophelia si intrecciano tra loro, danzando tra luce e ombra, intrugli e scienza medica, follia e paranormale. In men che non si dica, avete fatto spazio a Ophelia e a Edward nel vostro cuore emozionato.

Nonostante vi tocchi finire il libro in un solo giorno, trovate comunque la forza di cogliere un messaggio importante, come fosse un elicriso tanto caro a Ophelia: in un mondo popolato da soli protagonisti, eleggere l’ascolto a una pratica medica che guarisce le persone mi sembra il miglior regalo che quest’autrice poteva farci. Una che predica bene e razzola benissimo, spingendoci a sentire e vedere cosa si nasconde dietro alla narrazione dei flashback… prestando attenzione, cedendo il passo, ricordando…

Gli occhi blu si posarono sul profilo di Ophelia, indicandola come artefice della sua instabilità.                                                             Lui, un alienista che ammetteva di essere instabile.                                                                                                                                              C’era dell’assurdo.                                                                                                                                                                                               Quando giunsero alla cella di Mary, Edward fece un cenno all’infermiere affinché aprisse. Questi, poco prima che varcasse la soglia, gli sussurrò: «Oggi è strana, dottore. Ancora più del solito.»

Giulia

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