November 10, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 2 min.

E’ giunta l’ora, lasciatevelo dire. Facciamo una breve pausa dai libri divertenti e romantici, lasciamo che le tanto osannate nebbie padane (solo da me, gli altri se ne guardano bene, dall’osannare le nebbie) coprano la rubrica di recensioni letterarie, non solo le mie apparizioni nella rubrica di recensioni cinematografiche. Lo vogliamo questo thriller? Ecco, giusto per essere un filo diretta, avevo pensato di recensire La ragazza nella nebbia del nostro Donato Carrisi o La casa nella nebbia di Robert Bryndza (autore del best-seller La donna di ghiaccio, insomma, uno a cui piace la materia, come me), ma poi sono stata raggiunta da un’epifania del divino (o del vin brûlé, adesso indago) e ho capito quale thriller dovevo sottoporre alla vostra attenzione.

Sono contenta di tornare a WordsEdizioni e alla mirabolante Rita Mariconda, la thrillerosa autrice del libro di cui parliamo oggi, L’altra faccia di Giano (non vorrei dire, ma ne sta arrivando un altro proprio questo mese, quindi recuperatelo e amatelo), storia che prende le mosse da Folina e dai bizzarri scenari pieni di yoghurt per approdare a… per chi mi avete preso, per una che spoilera???

TRAMA DAL SAPORE EGIZIO

L’ispettore Nicola Giano, promosso commissario e spedito in quel di Folina dalla capitale romana, si rassegna a vivere il suo nuovo mandato tra le alci e le slavine e gente col nome strano. Ci tengo a dire che, nonostante sia un thriller e ci sono morti ammazzati che devono catturare la nostra attenzione prima di dettagli di tipo estetico, il commissario c’ha i ricci e gli occhi blu, “scuri come la notte”, che male non fa. Se devo seguire le orme di un killer, meglio stare appresso a Giano che all’ispettore Derrick, con tutto il rispetto. Insomma, qui incontra il napoletano Esposito e riesce a sopportare meglio l’esilio innevato, grazie al calore partenopeo e ai piatti della moglie del collega, fino a che… ci scappa il morto. Ma non un morto qualunque, un morto a cui l’assassino ha praticato un rito egizio per la sepoltura con il plus di un’altra efferatezza, nonché un indizio affidato a un tatuaggio all’henné. Non ve la dico l’efferatezza, preferirei che vi immergeste nel giallo che si va creando dalla scoperta del primo cadavere in poi, perché… potrebbe non essere l’ultimo. Capite la difficoltà di dover scrivere la trama di un genere letterario che per natura si basa sul mistero?? Vado di condizionali e vi dico che al team di lavoro composto da Giano e da Esposito potrebbe unirsi anche una medica legala (lasciate correre, su…) e l’ex collega romano di Giano, Max Cataldi, e la risoluzione di questo mistero potrebbe trovarsi nel passato, non felice, del commissario…

FINE TRAMA DAL SAPORE EGIZIO

Lo so a cosa state pensando. Lo so. Che il personaggio di Lara serve a farmi dire che si trova amore in ogni dove, anche nel bel mezzo di cadaveri tatuati e buttati di prepotenza nel mondo dell’antico Egitto. Ora, io non parlo, ma posso solo dirvi che i compagni di squadra, specialmente quando la squadra in questione lavora alla polizia e si deve occupare di crimini che ti fanno dubitare dell’equilibrio dell’intera razza umana, un minimo di confidenza si instaura, o no? Chiuso il discorso. No, scusate, ancora una parola: anche qui la donna inciampona non l’abbiamo fra i piedi, essendo che Lara Giusti ha il fegato di fare un lavoro come quello che fa (dai, non fatemi riscrivere medica legala) e di restare a fianco degli uomini di cui sopra. Parliamo proprio di questi uomini, duri fuori, dove appuntano distintivo e pistole, e teneri dentro, votati all’inseguimento dei cattivi. Certi mestieri non sono semplicemente “lavori”, ma vocazioni, e tra le righe si sente tutto il trasporto di una vita fatta di pochissima luce. Siamo quindi felici di poter avere il sole di Napoli e la verve di Roma nella fibra dei personaggi di Esposito e Cataldi, i cui battibecchi sagaci mirano a sollevare un protagonista piegato da un passato doloroso e ingombrante, forse ancora non troppo “passato”. Quanto ci piace, quando i nostri protagonisti soffrono? Quando ci insegnano di poter andare avanti a dispetto di tutto? A raggiungere anche solo una particella di luce in fondo al tunnel della loro vita?

A me piacciono tanto quando riempiono il puzzle una tessera alla volta, usando intelligenza e magari qualche lieve botta di culo, buttandosi a capofitto nel pericolo. Meh. Qui le cose sono due: o mi fermo, o torno ai condizionali. Potrebbe darsi il caso, infatti, che se le vicende criminali fossero legate al passato di Giano e se i suoi colleghi e amici fossero identificati come facenti parte del suo retaggio (da notare l’uso del dubbioso “se”), potrebbero diventare dei bersagli perfetti. BASTA. Che fatica. Passiamo alla scrittura che mi levo d’impiccio? Da godere. Ti prende per mano e ti porta a scoprire i misteri che muovono la narrazione e, perché no, anche qualche puntiglio di carattere storico. Il mondo degli egizi rappresenta un eccellente bacino di invenzioni e magia, e chi vi accede, mescolando sapientemente riti e miti, riesce sempre a regalare profonde emozioni al lettore curioso.

Vi consiglio una bella lettura sotto la coperta di pile, al crepuscolo, giusto per farvi saltare sul divano quando scoprite cose particolarmente inquietanti. Sole in casa, eh? Altrimenti non va bene. Se siete cardiopatiche, cancellate tutto. Qui, per la seconda volta di fila, soprassederei al consiglio legato agli accadimenti narrati. Vi sconsiglierei caldamente di mettervi a fare le assassine, magari datevi allo studio e rispolverate qualche nozione storica legata all’arte della sepoltura e della mummificazione egizie… non si finisce mai di imparare. Poi leggetevi il libro, beh, quello era implicito, che sta per arrivare il seguito.

Giano Bifronte, il dio di tutti gli inizi, è il passato ed è il futuro racchiusi in un’unica immagine. Rappresenta la contrapposizione fra il bene e il male, la luce e l’oscurità, la vendetta e il perdono.

Giulia

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