December 8, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Ragazze, buongiorno e jingle bells a tutte (è il nostro saluto di dicembre, sappiatelo. Se ve lo meritate, vi auguro anche all I want for Christmas is you… adesso vediamo). Siamo nel sentimento fino al collo, come vi dicevo la scorsa settimana, settate sulle recensioni di palpitanti storie d’amore in cui, beh, l’amore trionfa e scalda i nostri aridi cuori dicembrini. Oggi parliamo anche di guerra, per cui questo amore si adatta anche ai cuori aridissimi. Distruzione e terrore. Ma anche tante informazioni sulla nostra storia italiana.

Sono lieta di presentarvi una storia d’amore che fa parte della collana I Romanzi Passione della Mondadori (non so se mi spiego), ambientata nell’Italia bellica del primo conflitto mondiale: L’Aquila e Maja di Pitti Duchamp. Purtroppo non posso bullarmi di avere una relazione via WhatsApp con questa fantastica autrice (comunque ho il numero, ecco)… ma un giorno abbiamo fatto una story insieme, e io le stavo a meno di 40 centimetri di distanza. A. Meno. Di. 40. Centimetri.

TRAMA COLOR TIZIANO E VIOLA

Facciamo l’appello. Umberto? Presente. Sfregiato dal vaiolo e da una simpatia da portafoglio, orgoglioso di spiegare che “quando voglio una cosa, la compro”. Alba? Presente. Costretta a vestire come la piccola fiammiferaia da una madre che crede che ogni cosa decente sia stata lanciata sulla terra dal diavolo in persona, cibi compresi. Abbiamo una madre bigotta che sgrana rosari e scaglia digiuni, un fidanzato arruolato, una cognata devastata dal lutto, una condizione umile, tanta voglia di avere delle cose belle. Umberto e Alba si incontrano e, stranamente, scatta quella che dovrebbe essere una semplice transazione tra chi crede di comprare anche le persone e chi desidera essere viziata e amata. Nell’appello, purtroppo, abbiamo anche l’entrata dell’Italia nel primo conflitto e la rottura della coppia: lui, spericolato pilota d’aereo, affamato di adrenalina e gloria, combatte nel cielo, mentre lei, cacciata dalla madre a causa della relazione immorale con lui, si ricicla come crocerossina al fronte. Bene, ma non benissimo. La guerra infuria, gli amanti perdono il filo del loro amore, gli accadimenti che sconquassano l’Italia sono troppi per sperare in un lieto fine. Ma…

FINE TRAMA COLOR TIZIANO E VIOLA

Se vi piacciono le storie travagliate, sappiate che dovete leggere questo libro. Il travaglio si chiama guerra e in alcuni punti fa talmente male da dimenticarvi di prestare attenzione alle evoluzioni dei due protagonisti. Poi capite che la guerra la state vivendo attraverso ogni loro respiro, e che soprattutto si tratta della prima guerra mondiale, qualcosa che dovreste aver studiato e assimilato nei lontani beati tempi da sussidiario, mica della guerra di Mordor, e vi mettereste una nota sul registro elettronico da sole. Comunque. Una struttura narrativa di tutto rispetto, quella bellica. Niente di meglio per amplificare a dismisura i suoni di un cuore che si sta innamorando, ma che deve fare altre cose, invece di innamorarsi. Crogiolarsi nel senso di colpa, nell’odio verso la vita, nel rancore verso una madre che non accetta la morte del figlio maschio, nell’ombra di ago e filo (non vi dico chi sente cosa, che lo spoiler non si fa), e poi, che deve fare un cuore, quando si entra in guerra? Ci manca solo che perda tempo a pensare dove sia il cuore dell’altro/a, che c’è da volare a fianco della morte e cucire carni bucate dai proiettili (qui ci arrivate, su).

Tsè. C’avranno pure altri cazzi da fare, i due cuori in guerra, ma non riescono a smettere di pensare a come battevano inspiegabilmente bene insieme. E non intendo lanciarmi in speculazioni sui due personaggi chiave della vicenda, lodando lo spirito di abnegazione di una e disprezzando la visione boriosa dell’altro, cianciando che “beh, ma gli opposti si attraggono, no?”. Lui che barcolla (e decolla) tra presunzione e allegro sbattimento degli ordini militari, e lei che rotola dal più basso gradino della scala familiare al più basso gradino della scala dei volontari, probabilmente non sono nemmeno tanto opposti. Anzi, a ben pensarci sono accomunati da tre cose: l’estrema vicinanza alla morte, un sentimento protetto da diversi strati, e un’evoluzione incredibilmente tridimensionale.

Diversamente dagli altri personaggi che li circondano, il meraviglioso maggiore Baracca (prendi me, Francesco, che sono maggiorenne), l’infermiera Margherita, il dottor Basso, che sono sempre coerenti a loro stessi, immutabili, nel bene e nel male, ma anche i soldati, che non devono far altro che combattere, Alba e Umberto continuano a evolvere e a pulire il loro carattere da capricci e inettitudini varie, fino a una completa maturazione. Non sono banane, per l’amor di Dio, ma personaggi che devono compiere un percorso verso una completezza morale, mentre piovono e detonano orrori. E non pensate che lui sia un gentiluomo e lei una che sente nelle orecchie le nobili grida del volontariato. Non posso dirvi cosa succede tra i due un secondo prima dell’entrata in guerra, no no, ma posso dirvi che niente nel libro segue una rotta conosciuta. Quando pensate: ah, finalmente, adesso potranno… boom. Arriva l’imprevisto. Che nervoso.

Mmm. Qui scatta la parte solitamente dedicata al mio consiglio per voi, sulla base della lettura. Fate l’amore, non fate la guerra. E anche per oggi, siamo a posto.

Giulia

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