November 3, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

E niente, siamo finiti inevitabilmente nella foschia di novembre. Primo giorno del mese: pioggia torrenziale per 20 ore su 24. Oggi: pioggia torrenziale per 20 ore su 24. Molto molto bene. Nel senso, se avessi una rubrica di surf acrobatico, forse mi dispiacerebbe, ma avendo una rubrica di recensioni letterarie, la pioggia mi aiuta a sparnegare libri e relative recensioni in ogni dove. E poi, dai, non vi viene il nervoso quando spunta il sole d’inverno?? Io sono una estremamente stagionale, quindi voglio la pioggia, le tisane al finocchio, le castagne appena tolte dal fuoco che quando le sbucci ti si sbucciano anche le dita e chili e chili di buoni libri (o film. Ho momentaneamente acquisito la rubrica di recensioni cinematografiche della Marysanta, quindi leggete e guardate film, ma non fate surf).

Parliamo di un libro dolcissimo. Un libro leggero come il volo delle farfalle e profondo come solo il tema della violenza contro le donne potrebbe esserlo. Se questi due antipodi si incontrano, nasce il meraviglioso Lasciami perdere, perla iridescente dell’autrice Barbara Morini per WordsEdizioni. E per il ciclo “Giulia si bulla”, passiamo all’argomento di oggi: ho il numero di telefono anche di questa scrittrice, ma me ne vanto solo 12 volte al giorno.

BATTITO DI TRAMA

Allora, io ve lo dico subito: quando sulla copertina trovate nella sinossi “Francesca è una fata” e nel testo cose come “si vedeva una leggera polvere scintillante al suo passaggio”, sappiate che non è un fantasy e che il fatto che Francesca sia una fata è più una questione morale che fisiologica, capito? Io ci ho messo una settimana per capirlo, quindi vorrei evitarvi gli stessi forzi mentali che a volte mi sono costati la corretta digestione dei pasti serali. Ora, questa creatura dalla corporatura esile, quasi trasparente, e dai lineamenti discutibili, viene invece vista da un uomo altamente particolare: il ginecologo sboccato Steno Reggiani, un pezzo di marcantonio dagli occhi azzurri che potete solo immaginarvi come venga braccato dalle sue pazienti, vista la professione che svolge. ‘Sto speculum po’ esse fero o po’ esse 50 sfumature di visita ginecologica, se cade nelle mani sbagliate, che sono ovviamente quelle delle sue pazienti, essendo che lui se ne infischia bellamente di TUTTE. Metto il maiuscolo per sottolineare che lui non tollera tutti quegli individui di sesso femminile che popolano il pianeta, e anche un comodo quarto di quelli maschili. Steno lo si deve lasciare a mollo nel suo brodo, che si scoccia terribilmente se qualcuno gli parla. Ma Francesca… sembra che lei riesca a parlare senza usare per forza le parole o i suoni. Lei è diversa dalle altre, e lo è a causa di un trauma subito nell’adolescenza. Io non vi dico un tubo, anche perché mi sono sbottonata troppo nel paragrafo dedicato alla presentazione del libro, per cui mi limito a invitarvi a leggere come la “fata” Francesca riesca a fare breccia, con la sua inconsistenza fisica, nel cuore mezzo misogino del dottor Steno.

FINE BATTITO DI TRAMA

Ho scritto fata Francesca e non tata Francesca, non vi confondete. Veniamo a noi. Possiamo cestinare definitivamente il file delle protagoniste inciampone e aprirne uno nuovo di zecca, in cima al quale scriviamo il titolo DEBOLEZZE E DOVE TROVARLE, e il sottotitolo E COME AMARLE, imparando che le debolezze di una persona altro non sono che quel particolare colore mentale che serve a differenziarle da tutte le altre persone. La farcitura che dona loro l’inconfondibile gusto. Direi di non spingermi oltre con le metafore, che aizzo i cannibali. Francesca rappresenta il calcio in culo al cliché della donna contemporanea con gli attributi di pailettes e la favella femminista, un essere umano quasi invisibile che potrebbe sostare per giorni in una sala d’attesa e non solo non essere notata, ma esserne anche terribilmente felice. E’ quella che sta combattendo una battaglia interiore con la concentrazione di un fachiro indiano a cui basta una svista per finire infilzato. Ma è la stessa che non intende fermarsi davanti a nulla, specialmente alle sue paure.

Parliamo di quell’adorabile cafone di Steno Reggiani. Uno che sciorina parolacce come se stesse partecipando a un talent show di burini. In una sola parola: MERAVIGLIOSO. Potrebbe sembrare a prima vista il contraltare “comico” di Francesca, il personaggio che l’autrice usa per bilanciare il vissuto doloroso della sua protagonista, ma, ovviamente, no. Lui rappresenta il più incisivo degli aiuti, il migliore dei sostegni, ma pure il rompicoglioni testardo che non vuole smettere di seguire la scia luminosa della fata. L’essere “eletto” che riesce a spostare il rumore, la distrazione, l’accumulo, per vedere dentro le cose e le persone invisibili.

Vi confesso che mentre leggevo mi sono sentita in colpa per tutto l’inquinamento acustico che riesco a produrre giornalmente. Potrei essere più nociva dell’anidride carbonica, cribbio. Questa storia mi ha ricordato che per comunicare, non serve starnazzare. E che, forse e comunque, spesso si vuole comunicare senza nemmeno sapere cosa si comunica. Se provassimo a spostare il rumore, a relegarlo in un angolino, forse ci accorgeremmo di avere qualche battaglia personale che sta aspettando di essere combattuta. Quindi questa settimana non vi do nessun consiglio utile, perché qualche consiglio utile cerco di seguirlo io. Barbara, sappi che quanto hai fatto sa di miracoloso: sono zitta.

P.S. gli adorabili Francesca e Steno tornano nell’altrettanto adorabile racconto di Natale dal titolo Aggiungi un desiderio, e nei dolcissimi capitoli aggiuntivi L’iridescenza della farfalla e Il primo volo della farfalla.

Da quel momento si aprirono nuovi e sconvolgenti scenari perché, in un Paese dove la natalità è in diminuzione, ci fu un picco dei dati al rialzo proprio in quella provincia del nord, tanto da pensare che le donne si facessero ingravidare apposta per farsi seguire dal rinomato ginecologo.

Giulia

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