July 23, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 1 min.

Una mia collega mi ha dato questo libro dicendo che a lei era piaciuto moltissimo e ad un’altra nostra collega per nulla: “Dai, leggilo e poi mi fai sapere!”. Avevo una serie di priorità, ma in questa settimana è arrivato il turno del romanzo Le assaggiatrici. Sono in vacanza, in un contesto molto piacevole e quindi posso dedicarmi ad una lettura impegnativa: il titolo del romanzo si deve ad una serie di fanciulle tedesche che vennero arruolate all’inizio del 1944 come assaggiatrici del cibo destinato ad Hitler.

Il Fuhrer, infatti, stava perdendo la guerra ed era ossessionato che qualcuno dei suoi nemici, esterni od interni, potesse avvelenarlo. Per questo motivo, fece assumere dieci ragazzi che assaggiassero il cibo prima di lui. Il romanzo ha come voce narrante Rosa Sauer, una ragazza berlinese che si era trasferita in campagna dai suoceri, dopo che il marito era partito per la guerra. Il paese era Wolfburg, luogo dove Hitler aveva costruito un bunker ricoperto di alberi e rami per non essere individuato da nessuno. Le ragazze venivano prelevate ogni mattina, portate in caserma dove venivano obbligate ad assaggiare le pietanze destinate al Fuhrer. Il romanzo mi è piaciuto molto, fino ad un passo dalla fine.

Il punto di vista sul nazismo è inedito: Rosa non condanna mai il nazismo.

È dentro la storia e ne racconta una parte che inevitabilmente si intreccia con la propria storia privata e quella delle sue compagne di sventura. La follia di Hitler emerge semplicemente dal racconto dei fatti, quasi senza un giudizio esplicito.

Quando sentivo sotto le dita l’assottigliarsi del libro e l’avvicinarsi del finale, ero combattuta tra il voler capire come andasse a finire e il dispiacere di finire una storia che mi stava piacendo. Ecco, io il libro l’avrei finito a pagina a pag 256. Da pag 257 il racconto si sposta al 1990: la Germania è unita ed è un mondo completamente diverso. Vengono raccontati in dieci pagine i destini dei protagonisti, ma la storia perde completamente di spessore fino a quasi diventare banale. L’impressione è quasi che l’autrice non sapesse come concludere il racconto. Forse la bellezza di questo libro sta nel viaggio e non nell’arrivo… ci sono libri che salvo per il finale. E libri belli a prescindere dal finale. Come questo.

Cindy

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