August 13, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 2 min.

Una delle cose più belle che ho fatto in quest’anno di pandemia è stata seguire un corso della scuola Holden, la scuola di scrittura fondata da Baricco. Il corso era tenuto da Emiliano Poddi, in modalità on line. Nonostante questo, Emiliano è stato bravissimo nel coinvolgerci e nel fornirci degli strumenti utili per migliorare l’approccio con la produzione scritta. Finito il corso, ho acquistato subito il suo ultimo romanzo. Avevo cominciato a leggerlo già questa primavera, ma faticavo un po’ ad entrare nella storia.

Rimando quindi la lettura a tempi più distesi e così, al caldo delle Dolomiti lucane di una caldissima estate, ho ripreso in mano Le vittorie imperfette di Emiliano Poddi. L’inizio nuovamente era un po’ faticoso: non conosco nulla di basket, nulla della finale di Monaco e delle Olimpiadi di Monaco conosco solo la strage. Mollo il libro e comincio a cercare su YouTube alcuni video di questa finale di basket Usa-URSS del 1972. Il romanzo non parla solo di quella finale, ma è evidente che il fil rouge sono quei tre secondi finali che decretarono la vittoria all’URSS in una maniera talmente rocambolesca da diventare paradigmatici. Dai filmati, sono passata a leggere articoli su quella finale e man mano la voglia di riprendere il libro saliva. No, non si tratta di un libro sul basket (anche se non nego che la mancanza di qualsiasi dato tecnico mi ha lasciato dei buchi nella comprensione). Lo sfondo è il basket, sport praticato da tutti i protagonisti del romanzo: Sasa Belov e Kevin Joyce, i due numeri 14 che si sfidarono a Monaco nel 1972.

Ma anche dallo stesso Emiliano Poddi e dai suoi genitori, entrambi cestisti. La storia personale del narratore si intreccia con la storia privata di Joyce e Belov prima e dopo Monaco. Joyce, artefice della rimonta statunitense che porta gli USA a 50 punti, ma che è costretto alla sconfitta dal destino di un tempo che torna indietro di tre secondi e Belov, al quale vengono concessi i tre secondi necessari a portare l’URSS alla vittoria. Poddi ci accompagna nelle vite dei due protagonisti, segnati dall’imperfezione di quella vittoria. Dal campo di Monaco a quello di Cisternino, la narrazione si sposta di continuo nel tempo e nello spazio, diventando sempre più avvincente man mano che le tessere del puzzle si ricompongono attorno alla finale di basket. La fatica iniziale con la quale mi sono approcciata a questo libro è stata ampliamente ricompensata quando sono riuscita ad entrare nelle storie e nell’unicità di questa finale che non conoscevo assolutamente, ma che è senza dubbio emblematica di un tempo storico che ha segnato la mia infanzia.

Una chicca personale: durante il corso, Emiliano Poddi ci ha fatto lavorare su dei quadri di Hopper, utilizzando alcune tecniche che consentono di lavorare sui personaggi e sulle loro storie. Beh, Hopper può essere considerato un protagonista secondario di questo romanzo, segno forse che le passioni sono il motore della forza creativa e generatrice di storie.

E poi c’è la storia di ognuno di noi che, inevitabilmente, si ritroverà in chi dovrà sopportare “una vittoria da portare come una condanna” o in chi si trova a dover convivere con “una sconfitta impossibile da accettare”.

Cindy

Condividi l'articolo con i tuoi amici

Exclusive Content

Be Part Of Our Exclusive Community