October 6, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

L

In cosa consisteva lo speciale RARE di cui vi ho parlato e postato la settimana scorsa? Di una scrittrice con i controcani. Dato che sono indiscutibilmente una signora, vi descrivo gli attributi letterari della scrittrice di cui parliamo oggi attraverso un giuoco di parole, tra l’altro due cani ce li ha davvero, e uno, un Corgi batuffoloso e regale, è diventato il testimonial del libro di cui sotto. L’altro, beh, lui no. Fa il cane non testimonial, diciamo.

Oggi quindi parliamo del piccolo parallelepipedo bianco e sakura (lo facciamo diventare un colore, il jap’s flower che sboccia sulla copertina, talmente bello che ti viene voglia di prendertene cura e innaffiarlo) dal titolo Made in Garbatella, scritto dall’occhi azzurri Laura Nottari (c’entra col libro?? No. Ma chi la scrive la recensione? Io, e ho ingranato la tavolozza, abbiate pazienza) e edito da WordsEdizioni. Uscito oggi. ADESSO. Nel qui e ora del continuum spaziotemporale, per cui fatevi un regalo: entrate nel sito della WordsEdizioni o in Amazon e compratelo.

Ora, potete ben immaginare dall’introduzione che state per leggere una recensione pentastellare, come quella che ho scritto per la gastronomia Mazzarelli dopo aver gustato una porchetta narrativa all’ombra del sapere culinario garbatellese, che non riesco a smettere di dire LaviGNa e GNente, presa in ostaggio dal sortilegio della GN e dal rimpianto che, alle elementari, mi chiamassero GiuGLia e non GiuGNa, e che la storia ti prenda al punto tale che innaffiare la copertina non è niente, rispetto agli e ai Gnè gnè gnè che tiri dietro ai personaggi. A proposito… Ornella cara? Sì tte pijo… vi dico solo che mi sto facendo crescere la frangia.

Parte di questo coinvolgimento romanesco giapponese consiste nel cominciare a sproloquiare senza darvi i riferimenti del caso. Vado con la trama: Lavinia (gngngnggggnnnn) Gatti e Claudio Redighieri sono sposati, ma infelici. Pensano anche al secondo figlio, talmente abituati a fare quello che i genitori altolocati e le circostanze elitarie richiedano loro. Bella casa, bel lavoro, bei vestiti, belli loro, bel quartiere, non lo vuoi aggiungere, un bel secondogenito? Ma, ops, usciti da una visita specialistica, scoprono che Claudio non ha le palle gli spermatozoi. Quindi, stringi stringi, da dove viene il loro unico figlio Giordano? Beh. Made in Garbatella. E quando? Era una notte confusa e piena di malto d’orzo durante cui Lavinia, mollata a pochi passi dal matrimonio per un ripensamento da parte di Claudio, si vendica biblicamente con uno sconosciuto. A questo punto ci serve la domanda: chi? Il trentanovenne Mazzarelli Enzo, un gigante geneticamente incapace di esprimersi in italiano (ma solo in romanesco), che appartiene a un mondo che definire all’opposto di quello di Lavinia, Claudio e genitori sarebbe usare in modo scorretto opposti e contrari. Mazzarelli, Garbatella&Co stanno proprio fuori da quella linea immaginaria che collega ogni cosa al suo rovescio. Toh, due rette parallele, due porchette che non si incontrano mai. Ma dove ogni cosa brilla di vero e sincero.

Cliché? Parliamone. Se inizialmente credi che sia la storia di due persone che si riassumono nelle caratteristiche principali suggerite dal tipo di retta parallela che interpretano, la sorca rifatta e borghese e il coatto spaccia porchetta, infelice la prima e solido il secondo per quella logica perversa che i soldi non comprano serenità e felicità, ma solo tantissimo Oki Task, sei costretta a ricrederti. A capire che quello che tu hai scambiato per cliché si chiama conservazione. Il tentativo di costruirsi in base al contesto in cui ti trovi e non esserne sopraffatto. Che quelle logiche tu le hai viste. Che è roba bona, e che ci sono infinite nervature di pensieri, paure e probabilità, per tenerle in piedi. Che una vetrina mostri quello che deve mostrare, se ci rifletti, è uno dei punti fermi su cui puoi dannatamente contare. Se vai da Louis Vuitton per rifarti la vista e sperare che a qualche cliente abituale siano caduti mille euro per terra in due comode banconote da cinquecento, ti aspetti di trovare sfacciata eleganza e cromie marroni, non il marsupio della Eastpack. E questo ve lo confermo con enorme soddisfazione. Ci sono la bella confusa e sola, e la bestia, barbuta e adorabile. E va bene, e ci sta, e viva Dio che mi si offrono risate e un corso accelerato di romanesco.

Poi, però, se decidi di entrare a fare una rapina o continuare a leggere, la logica si smonta. Innanzitutto stai guardando la stessa cosa che guardavi fuori da dentro, che è già parecchio. Non ti immergi nelle strade di Garbatella tanto osannate dal protagonista, ma direttamente nella sua vita. Non segui le decisioni di Lavinia, le vuoi prendere tu al posto suo. Mentre stendi panni e dubbi con loro, non puoi fare a meno di chiederti cosa, come e quando risolveresti una situazione simile, riavvolgendo il tuo nastro mentale pur continuando a avanzare nella lettura, maledicendo la scrittrice per averti reso una persona profonda e coinvolta come se tu fossi addirittura la zia, di questo piccolo grande Edamà. E proprio lì, quando credi di aver capito come e dove stiamo andando tutti, il libro sboccia. Non sei più fuori dalla vetrina di Louis Vuitton, non sei più a Garbatella, non sei in Giappone e non sei la zia di Giordano, hai in mano un fiore completamente aperto e diverso da come te l’eri immaginato da chiuso. L’amore è sbocciato nel modo più ampio possibile, allargando orizzonti, cambiando mondi e vite (se dopo questa pensate ai Cesaroni, ve pisto) e ritrovandoti… se, lallallero. Nun ve dico GNEnte.

Credo di aver ravvisato il modus operandi dell’autrice, la Nottaritudine (voglio sentirvi a sbagliate l’accento, qui) che riconosceresti tra mille libri, e pure deppiù, ‘tacci sua. Finisci un capitolo con l’acqua alla gola. Salti a quello successivo con un carpiato. Trovi la consecutio temporale e narrativa? Maddeche. Ci sono righe e righe di una bolla magica che sospende la storia e ti spinge a approfondire, scandagliare, riflettere, capire. E poi riparti in quinta e ti sbrodoli addosso dalle risate. E ordini una Poke.

Elisa non aveva grande dimestichezza con le materie amorose, ma una cosa la sapeva: i maschi infatuati sono gli esseri più rincoglioniti per eccellenza, e suo papà non faceva eccezione. Sbandierano lucidità e freddezza, ma l’amore li fotte da dentro, spanandogli difese e certezze come fossero filettature di viti e nessuna, dopo, tiene più niente, nessuna entra più al posto di prima. La cosa bella è che loro, nonostante tutto, credono e dicono di rimanere integri. Non ce n’è uno che, con dignità, ammetta lo sfascio.

Giulia

Condividi l'articolo con i tuoi amici

Exclusive Content

Be Part Of Our Exclusive Community