November 5, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 1 min.

“Andiamo a vedere l’ultimo film di Bellocchio?”

“Ma è un docufilm, secondo me sarà un po’ palloso…”

Alla fine della proiezione io, Sara e una signora che non conoscevamo eravamo ferme in piedi a leggere tutti i titoli di coda, per paura di perderci anche la più piccola sfumatura di questo docufilm, un po’ documentario, un po’ film, certamente intenso.

Marx può aspettare è il titolo dell’ultimo lavoro di Marco Bellocchio, presentato a Cannes quest’anno. E’ un docufilm sulla famiglia del regista, i cui protagonisti sono proprio i Bellocchio ancora vivi, ma forse soprattutto i Bellocchio che non ci sono più. Il film prende avvio da un pranzo di famiglia, durante il quale i Bellocchio cominciano a chiacchierare, come tutte le famiglie che si riuniscono raramente e si trovano attorno ad un tavolo, con tanti racconti e altrettanti non detti che pesano sugli equilibri delle relazioni.

Da subito si capisce che, dei sette fratelli Bellocchio, ce ne sono solo cinque: tre maschi e due femmine. Marco è il regista e quindi il narratore interno, Piergiorgio il grande intellettuale e fondatore dei Quaderni piacentini; Alberto, sindacalista, e Marialuisa e Letizia, quest’ultima sordomuta, ma dal linguaggio accurato e schietto, forse il personaggio che mi è piaciuto di più. Dei due fratelli mancanti si capisce da subito che Camillo, fratello gemello del regista, è morto da giovane: in tutte le foto compare come un bambino e poi un ragazzo, ma mai uomo. Nel corso del film si capirà ovviamente di più su questa scomparsa e di come il dramma di questa morte abbia colpito in modo diverso tutta la famiglia. La storia della famiglia Bellocchio diventa paradigma di tutte le famiglie e ogni spettatore è portato ad identificarsi con una delle situazioni che emergono. Ma è anche la storia di Marco Bellocchio come regista, poiché scene famosissime tratte dai suoi film più famosi trovano senso e spiegazione nella sua autobiografia, tanto da suscitare il desiderio di andare a rivederli alla luce delle nuove scoperte.

E poi c’è Bobbio, paese natale della famiglia Bellocchio, così elegante e bella da fare da scenografia naturale alla famiglia, che è proprio originaria di lì. E il ponte di Bobbio che chiude il film sembra simboleggiare la famiglia che unisce e separa le diverse rive di ognuno di noi.

Cindy

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