December 19, 2022

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Il triste centenario della marcia su Roma ha portato ad un’infinita pubblicazione di opere sulla figura di Mussolini. Tale ricorrenza è caduta il 22 ottobre, ad un mese dalle elezioni che hanno portato al governo una destra nazionalista e xenofoba, gente che probabilmente nel privato delle loro case, tra un busto del duce e un fascio littorio, ha anche brindato nel ricordo del colpo di stato più sgangherato della storia, che ci ha condotti però nella dittatura. Non conoscevo Aldo Cazzullo molto bene, anzi, se devo essere onesta, essendo un giornalista storico del Corriere della sera, ne avevo un pregiudiziale giudizio negativo. Poi ho letto il suo libro su Dante e l’ho apprezzato tantissimo, a conferma di quanto i pregiudizi fondati sull’ignoranza e sulla non conoscenza siano sempre da abbattere. Quindi, tra le tante produzioni su Mussolini ne ho scelte due, una che fa parte di una trilogia di cui vi parlerò prima o poi, e l’altra appunto Il capobanda di Cazzullo.

L’impianto è costruito molto bene: 12 capitoli in cui si affrontano le terribili azioni del Duce, volte a smontare l’immagine del ducechehafattoanchecosebuone oppure del luierabuonolacolpaèdeitedeschi che ancora aleggia ahimè nella nostra povera Italia. … ho cercato di scrivere che l’idea che abbiamo di Mussolini è sbagliata, è un’idea consolatoria e autoassolutoria. Il Duce era molto peggio dell’idea che ci siamo fatti di lui, ha dichiarato in un’intervista. E in effetti nel saggio, Cazzullo racconta gli anni 1919-1922 in tutta la loro violenza, non risparmiando nomi ed efferatezza delle immagini. Il rischio è però un po’ di pedanteria. Mi sono interrogata a fondo su questo: quando si analizzano fatti violenti e crudeli, l’accento viene messo sempre sull’autore dei misfatti, molto poco sulle vittime. Di questo ci si lamenta sempre, perché il rischio è sempre quello di rendere ancora più vittime, escludendole dal racconto, le vittime stesse. Cazzullo ci prova: e se nel capitolo intitolato appunto Vittime, dedicato a Matteotti, Minzoni, Amendola, Gramsci e ai fratelli Rosselli (a cui è dedicato il libro stesso)  il risultato viene raggiunto, negli altri casi rischia di diventare un po’ pedante, anche se probabilmente necessario.

Oltre ai fatti arcinoti, Cazzullo narra violenze meno note come il tentativo di sconfiggere la malaria iniettando mercurio, con conseguenze ancora peggiori della malaria stessa. O la violenza perpetuata a Ida Dalser, sua compagna e amante che lo rese padre di Benitino ed internata insieme al figlio, riconosciuto dal duce e poi fatto uccidere da Mussolini stesso, quando la sua presenza poteva essere un ostacolo alla sua realizzazione. E poi le leggi razziali, la guerra e la tragica avventura di Salò, dove una certa retorica vorrebbe mostrare Mussolini impegnato a stemperare la violenza di Hitler, mentre Cazzullo  ci mostra come spesso accada addirittura il contrario. In un continuo passaggio dal pubblico al privato (risaputo è che il Duce avesse uno stuolo di amanti che lo veneravano e che addirittura a Salò, nell’ora più tragica, litigavano per lui Clara Petacci, la moglie Rachele e una terza fanciulla che poi si scoprirà essere la figlia che Mussolini ebbe da un’amante milanese), Cazzullo delinea un quadro spietato e violento di un uomo che si era definito “il capobanda” e lo fa sempre da giornalista, con fonti alla mano, perché la realtà è già da sola sufficientemente terribile senza bisogno di ricorrere alla fantasia.

E conclude Cazzullo, ricordando che non è vero, non siamo stati tutti fascisti: ce lo ricordano le migliaia di vittime che lui ha voluto riportare. Ce lo ricorda chi ha provato a resistere e chi c’è riuscito. Ce lo ricorda la nostra Costituzione. E forse lo dovrebbero ricordare i tanti italiani che ancora tengono viva l’immagine di Mussolini, nutrendo le sue idee attraverso il nazionalismo e il razzismo.

Le radici del fascismo sono tante (..): ma le più forti e riconoscibili sono indubbiamente quelle che si diramano e si nutrono nell’intolleranza.

Sciascia, Nero su Nero.

Cindy

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