April 7, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Miss, mia cara Miss, ma io cosa devo fare con te? A parte leggerti e rileggerti nella gioia e nel dolore, in ricchezza e in miseria, in inverno e in estate e… no, no, posso fare molto altro: usare i tuoi libri come una sorta di bugiardino di tematiche che ero convinta di aver capito, e pure con discernimento, e che invece, all’atto pratico e narrativo, conservano zone d’ombra che non pensavo nemmeno esistessero, altrimenti forse una luce ce l’avrei puntata. Insomma, mi sono sentita un filo deficiente, ma ti voglio tanto bene lo stesso. E ti ringrazio di aver illuminato tutto.

Con questo spirito didattico vi presento dunque l’ultimo libro di Miss Black, dal titolo Naked, che, care le mie poliglotte, saprete tradurre in Nudo. L’autrice si muove sempre all’interno dei confini erotici, ma non nuota mai in acque basse, spingendosi in ogni direzione possibile, al largo dei sentimenti, nel profondo dell’animo.

Trattenete il fiato e immergetevi fino al cuore delle cose, delle questioni, dei problemi. E qui ce ne sono cinque, a voler essere precise: il numero di denunce per molestie sessuali collezionate da mr. Ayden Brillat-Savarin, un francese in terra inglese evidentemente recidivo. Vi riassumo velocemente la trama: l’amministratore delegato della Fortitude, colosso delle macchine, viene scagionato per la quinta volta dall’accusa di molestie sessuali, spingendo il consiglio d’amministrazione a mettergli una baby sitter, o consulente che dir si voglia, Allegra Foxton, che cerchi di frenarlo prima della probabile sesta denuncia e fine della carriera. Vi sottolineo altrettanto velocemente i personaggi: uomo potente e affascinante in un ambiente principalmente maschile e misogino in cui le segretarie disponibili sembrano abbondare e dove si trova una bella fonte di pregiudizi e misunderstanding dove tutti si abbeverano felici (donne comprese), bisbigliando anche qualche bella battutina mentre si danno di gomito, e consulente con ironia e attributi. La Foxton non ci mette molto a riconoscere “il pattern” che guida il povero AD, uno convinto che la political correctness sia per quelli che non dirigono aziende, che la denuncia sia semplicemente l’altra faccia del medaglione dorato del Terribile Terzetto (ricco, potente, affascinante, per usare il vocabolario tecnico di ms. Foxton) e che il linguaggio colorito stimoli.

La mentore, questo il nome corretto del ruolo che riveste la protagonista, riesce a far capire a lui e a chi sta leggendo che se usi un vocabolario da primate, pensa un po’, ti prendono per un primate. E se prosegui una sorta di errata tradizione linguistica del maschio alfa, tramandato da uomini di potere di ufficio in ufficio, il raggio d’azione delle conseguenze spiacevoli diventa vasto come tutto il Lussemburgo, e comprende tante belle denunce. Non esiste la “buona fede”, solo l’imperativo di riflettere seriamente su quello vuoi comunicare, e che vuoi essere. E mr. Savarin, grazie a Dio e a Allegra, sceglie bene, complice un letterale tuffo nel passato… passo e chiudo, altrimenti imbratto la recensione di spoiler.

Ora, vi sembrerà una cosa superficiale rispetto a quando detto finora, ma io ve la dico uguale, perché si tratta di un pensiero personale mio e di Plauto: i nomi scelti dall’autrice concorrono a puntellare l’aura sensuale e influente del personaggio maschile, anticipandone la sostanza, alla nomen omen. No, quello sulle streghe era Hocus Pocus, sciocchine. – Ayden Brillat-Savarin. – Le prime tre parole in testa al romanzo sono queste, e, senza nemmeno sapere che lavoro faccia o quali siano le caratteristiche che lo definiscano, tu sai che stai per avere scalmane per procura. Che sarà ricco, autorevole, convincente. Se contiamo poi che subito dopo leggi – fu dichiarato innocente da tutte le accuse in una fredda mattina di febbraio, all’Old Bailey di Newgate Street. – sapete che vi aspettano solo soddisfazioni. Io mi ero innamorata di Julian Acton, Marchese di Northdall (e parecchi altri titoli), a seguito di queste precise cinque parole.

Non era giusto che uno come lui riuscisse a chiavarsi una come lei, ma purtroppo era nell’ordine naturale delle cose. Quelli come lui l’avevano sempre vinta. Se qualcuno li accusava di una qualsiasi nefandezza se la cavavano sempre. Se venivano condannati per un reato poi non andavano in prigione. Se li licenziavano poi trovavano un lavoro ancora migliore.
Che Savarin fosse riuscito a incantare anche Foxton, quindi, non l’aveva stupito, solo un po’ rattristato. Con quel cazzo di accento francese e quell’aura da cavallo vincente, certo.

Giulia

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