May 3, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 2 min.

Vincitore di tre Oscar nella loro ultima edizione di qualche settimana fa, Nomandland, della regista Chloé Zhao, arriva da lontano, da un articolo del 2014 che poi è diventato un libro qualche anno più tardi, per arrivare finalmente anche nelle nostre sale, ora che i cinema hanno riaperto (e speriamo per non richiudere più, che va bene la scuola, van bene le palestre per i più sportivi, ma sappiate che anche i cinefili hanno sofferto dovendo ripiegare sullo streaming casalingo che NON E’ la stessa cosa).

Il film ha come protagonista Fern (la straordinaria Frances McDormand), una donna sulla cinquantina la cui cittadina è stata cancellata completamente dal governo. Fern per sopravvivere fa lavori saltuari, gira costantemente con il suo piccolo van, diventato casa sua, su e giù per gli Usa, facendo molti incontri, senza fermarsi mai. Novella pioniera, la protagonista parte da una perdita, doppiamente dolorosa, quella di un coniuge e di un’intera comunità, per entrare in una sorta di nuova collettività, quella dei “nomadi”, delle persone che per motivi economici sono impossibilitate a comprare o affittare una cosa e avere un lavoro fisso e quelle che invece hanno deciso di seguire liberamente questa strada.

Il film della Zhao ci ha riflettere innanzitutto sulla condizione di tanti americani impoveriti dalla crisi, estromessi per età o infortuni dal mondo del lavoro, costretti a prendere l’antica via dei loro antenati e cercare miglior fortuna altrove.

Ma in questo bellissimo lungometraggio che vi consigliamo davvero di gustare in sala per poterne apprezzare meglio regia e fotografia (per dirne giusto due, quelle che ci sembrano più significative) non c’è solo l’attenzione all’aspetto sociale. In Nomadland viene mostrato anche un preciso stile di vita che rifugge per scelta la stabilità, che deve sottostare magari a un lavoro estremamente alienante, alle fluttuazioni del Dio denaro, alle speculazioni del mercato e al materialismo. Fern inizia il suo viaggio un po’ per esigenza e un po’ per avventura, entrando poi completamente nello spirito, selezionando con cura gli oggetti a cui davvero tiene, occupandosi del suo mezzo di spostamento a lui è legata intimamente e delle persone che incontra nel suo cammino.

Vedendolo ho pensato che forse a noi europei o anche a noi italiani una cosa del genere difficilmente verrebbe in mente o troverebbe poco seguito, ma nonostante questo possiamo accostarci al film con rispetto per queste persone, accettando per un paio d’ore di vedere il mondo dal loro punto di vista. Nel corso della sua esperienza la protagonista subisce anche delle “tentazioni”, il richiamo di qualcuno a una vita con radici stabili, come reagirà? Dopo aver viaggiato tanto, tirerà finalmente il freno a mano? Questo non ve lo diciamo, ma vi invitiamo a lanciarvi al cinema per recuperare questo gioiellino.

Marysun

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