January 26, 2022

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Una lenta discesa verso la sfiga, la mia. Non solo tra una settimana divento “matura” (e a marcire, sono attimi), ma mi sono pure presa il Covid. Sto bene, purtroppo. Se fossi piombata in uno stato di febbre allucinatoria, non avrei realizzato di aver perso la mia posizione di “schivatore di positivi” guadagnata in mesi di onorata carriera. Mi pare di avere sentito il jingle del game over, una cosa tipo “uaa ua a uaa a uaaaaaaaaaa”. Quindi, per riprendermi dal colpo all’autostima, devo orientarmi su libri lieti, romantici, positivi (nel senso di fiduciosi) e, possibilmente, divertenti.

Come il fresco d’uscita Non è un paese per single della pluriscrittrice Felicia Kinglsey, autrice di storie liete, romantiche, positive e, senza ombra di dubbio alcuna, divertenti.

TRAMA ANGLO TOSCANA

Siamo in quel di Belvedere in Chianti, ridente paesino toscano famoso per la pesca a strascico dei mariti. Ogni abitante di sesso femminile tenta infatti di accalappiarsi un marito prima di rendere irreversibile lo stato di singletudine, tranne le occupanti della tenuta Le Giuggiole, le sorelle Giada e Elisa, con la di quest’ultima figlia tredicenne Linda, la loro madre Mariana e la maggiordoma (o maggiordonna) Donatella. Alla morte del padrone, il conte Umberto Ricasoli, ecco sopraggiungere gli eredi Charles e gemella, e, per un guazzabuglio di tipo economico, anche l’amico Michael, vecchi compagni di scorribande estive di Giada e Elisa. Bene. Si sente puzza, e ci mancherebbe, d’amicizie giovanili che covano istinti romantici sotto le braci del tempo. Si sente anche puzza di vino, dato che Elisa si occupa della vigna della tenuta e dei suoi prelibati frutti vinicoli. Pensate che tra Michael e la sua amica d’infanzia scatti l’inciucio, vero? Lo penso io e magari lo pensate voi, ma lui pensa diversamente, invece. Ovvero a rivendere la tenuta e a levare di mezzo dal primo all’ultimo ettaro di vigna per conto della sua super società di super investimenti coi super clienti russi. Che super stronzo. Ma…

FINE TRAMA ANGLO TOSCANA

Parto dicendo che, per la prima volta da quando tiro le redini della rubrica letteraria, mi sono messa a sbirciare le recensioni di Amazon. O sono loro che si sono messe a sbirciare me, non saprei dire. Ero arrivata solo all’estratto, quindi all’inizio del racconto, a un passo dall’arrivo del trio inglese, quando ho scoperto che questa storia si ispirava a Orgoglio e Pregiudizio, e la faccia nobile di Matthew Macfadyen che corre nelle frasche per andare dalla Keira mi ha oscurato per un momento il senno. Ho capito come mai la scrittrice aveva piazzato un nutrito gruppo di madri e figlie a caccia di scapoli fin dalla pagina due: stava decorando la storia con allettanti ghirigori da stagione londinese, e completamente ottusa io, che non avevo riconosciuto la citazione d’inizio libro, ovvero Una credenza universalmente condivisa è quella per cui un uomo scapolo in possesso di un’ampia fortuna debba essere in cerca di una moglie, omaggio alla famosa opera, il cui avvio recita: È verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie. Figuratevi come si sono sentita quando ho letto il cognome degli eredi, Bingley, e di Michael, D’Arcy. E il cognome di Elisa (beth)? BENETTI?? Ho il Covid, un briciolo di compassione!

Ci spostiamo dall’Hertfordshire alle ridenti colline della Toscana, due secoli dopo, e ripartiamo da una ragazza madre, Elisa, per nulla interessata al matrimonio (a proposito, ma il padre della giovine? ‘Un si disce) e ai quattrini che Michael ha guadagnato lavorando fino allo sminchiamento, e che ha la metà della metà della famiglia che aveva Lizzie Bennet intorno. Ma che potrebbe avere la sua cazzutaggine nel costrastare il diabolico piano di Michael per impossessarsi definitivamente della sua vita attraverso la vendita della tenuta Le Giuggiole. Si mette a combattere per rivendicare la terra, ma, mentre lo fa, scopre che Michael potrebbe non essere lo stronzo che credeva, e che, magari, potrebbe essere possibile arrivare in trattore a un lieto fine…

Mentre cerca il lieto fine, diciamocelo, Elisa cerca pure un’unione di tipo, ehm, biblico. Non spoilero, eh, ma a una certa mi sono messa a pensare alle scene paranormali di Un chien andalou, un corto di Luis Bunuel e quel folle di Dalì (guardate che ho studiato Cinema e Televisione, anche se sembra che sia laureata in Molestie Applicate) che parlava di una coppia che non riusciva mai a… beh. Io vado. Sappiate che avete accesso ai pensieri di Elisa e Michael in una narrazione palleggiata in prima persona e al presente, così ‘un sci si perde mica.

L’aria della stanza è satura di estrogeni: figlie a caccia, madri in competizione, e noi – una vedova brontolona, una zitella acida, una ragazza madre e una sciacquina – il quartetto del disagio – stiamo a guardare la carneficina.

Giulia

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