March 21, 2022

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

L

Squillino le trombe e si confondano le menti, che oggi scambiamo due delle tre rubriche settimanali e quindi sono io a intrattenervi con la recensione letteraria del “mercoledì”, mentre le news della prof. Cindy si spostano di due giorni. Bene, adesso che abbiamo siringato un po’ di caos nelle chiappone del primo giorno di primavera, mi sento meglio! Oggi, tra l’altro, invecchia anche la nostra regista Silvia, come potete forse intuire dalle 173763 story con cui stiamo impallando l’Instagram da stamattina.

Ma torniamo a noi. Siamo qui riunite per parlare di un’autrice che conosco via Whatsapp da un sacco di tempo (si chiama comunque conoscenza, anche se non abbiamo ancora avuto l’occasione di mangiare pasta e fagioli insieme. Tatj, se preferisci i ceci, per me va benissimo): a me l’onore settimanale di recensire Olio su tela di quella super biondona di Tatjana Ciotta.

TRAMA SPAGHETTO

Srotolata su diverse linee temporali e narrative, abbiamo la storia di Henry Bates, un tenero ragazzo che, rimasto orfano, viene preso sotto la calda ala protettiva del tutore Charles Hamilton e portato a vivere da lui, con le due figlie Penelope e Athena. Quel birichino di Henry si invaghisce di Penny e sembra che lei ricambi, anche se fa la preziosa e le prime parole che gli rivolge suonano come una sventagliata di vaffa. Ringraziatemi per questo sunto lineare, che la storia salta a grandi passi da un punto all’altro del suo potente percorso, restituendoci l’immagine di un Henry che diventa un pittore famoso per avere ritratto la stessa donna, fino a quando diventa motivo di mistero per una casa d’aste di Boston. Eloise Flannery, la proprietaria di Magnolia Hall ormai deceduta, cede all’asta un ritratto unico nel suo genere, fatto a una donna diversa, accompagnato, tra le altre cose, da un violino rotto e una serie di lettere. La segretaria del padrone della casa d’aste, Claire, decide di farsi bellamente i fatti di Eloise, cercando di capire i motivi di quell’anomalia, che la narrazione tenta di mostrarci portandoci indietro nel tempo…

FINE TRAMA SPAGHETTO

Per me sono paragoni positivi. Le linee narrative, tenute saldamente in pugno dall’autrice, mi ricordano un piatto di succulenti spaghetti. Di quelli dall’impiattamento superbo, con tanto di foglioline di basilico a catalizzare bocca dello stomaco, occhi e naso. Il lettore prova a prenderli a forchettate, ma, si sa, lo spaghetto non si mangia uno alla volta, resta appiccicato agli altri spaghetti come questi personaggi e le loro storie gli uni alle altre, facendoci godere di una storia piena di vissuti cucinati dalle mani abili di uno chef stellato.

All’inizio ci avevo messo un po’ a capire che si tratta di una saga familiare, suonata a molte mani, certo, ma mani imparentate tra loro: la storia prende le mosse dall’artista Henry e dalle persone che lo adottano e che, di conseguenza, gli offrono un retaggio familiare e amicale, per poi passare lo spartito alla generazione successiva dei figli e dei nipoti. La prima parte dell’opera, dedicata alle avventure di Henry (pur spaccata in diversi frammenti temporali e geografici, vissuti o vergati su carta da lettere), ci fanno affezionare a un personaggio che non sembra essere nato sotto l’influsso di una buona stella. Le lettere, qualunque sia il pugno che le scrive, ci parlano di un garbuglio di eventi funesti, dove l’assenza e le incomprensioni la fanno da padrone. E allora ecco che la povera lettrice si affanna e si adopera a continuare a leggere, identificandosi nella segretaria Claire, la Miss Marple della situazione, sperando di spegnere la miccia prima che la bomba esploda, come se potessimo avere voce in capitolo sui destini dei personaggi, se sfogliamo le pagine velocemente.

Ci illudiamo di conoscere la ragazza col violino prima dei componenti della casa d’aste, viaggiando nel tempo da un luogo della memoria all’altro, mentre loro, fermi in un unico luogo e all’anno 1984, usano le lettere come tessere di un puzzle. Ma la signora con violino che noi abbiamo avuto l’onore di conoscere insieme a Henry, ha una storia da raccontare che noi scopriamo attraverso i passi avanti degli esperti decifratori chiamati Baxter&Appleby Auction House, cosa che ci fa aumentare ulteriormente il ritmo della lettura urlando Io so chi sei, Eloise! (potrei metterci almeno altri cinque nomi, ma io mi ero fissata con lei) e scoprendo di non capirci una mazza, se non quando la scrittrice decide di allargare lo spiraglio della porta della stanza dei ricordi per farci entrare. E a mostrarci quanto sia difficile fingere che il nostro passato non suggerisca quale sia il posto del mondo che andremo a occupare.

Eloise guardò dalla finestra la neve che si posava sul ponte di Brooklyn.
Viveva in quella città da quasi un anno ormai e non riusciva a farsela piacere. Aveva creduto di potersi adattare in fretta, ma era una frottola che si era raccontata per non sentire la nostalgia di casa.
Ma quale, se anche a Magnolia Hall si era sentita fuori posto?

 

Giulia

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