September 6, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 4 min.

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In questo momento ho in mano il primo numero di un manga, in alto a sinistra leggo: Luglio 2001… Lire 5000 e, al centro, in alto, il titolo: ONE PIECE. Sì, perché quando questo manga in Italia diventa monografico, si stava facendo ancora il passaggio tra nuova e vecchia moneta, quindi One Piece viene letto da più di 20 anni e, dopo tutto questo tempo, dopo aver costruito un esercito di Fan, il caro Eiichiro Oda, autore di quest’opera, tira su il suo pollicione sporco di china e dà l’ok a Netflix per la produzione di una serie live action sul manga più letto in tutto il mondo, caricandosi di una responsabilità tanto voluminosa da spaventare chiunque sia solo passato di sfuggita davanti a un episodio dell’anime.

Death Note, Full Metal Alchemist, Bleach, I cavalieri dello Zodiaco sono prove lampanti che gli anime perdono tutto il loro fascino quando vengono trasformati in una produzione live action, perché la caratterizzazione di personaggi come Pegasus o come Edward Elric scadono visivamente apparendo come cosplayer senz’anima gettati in una storia che ha troppo da raccontare per essere racchiusa in un film o in una serie dallo scarso minutaggio. La domanda era: come potranno mai “quelli di Netflix” rendere reale un mondo così vasto, così pieno di personaggi dalla storia così lunga come quello di One Piece? E infatti, molti, quasi tutti, come me, affezionati lettori del manga e spettatori incalliti dell’anime (si parla di più di 1000 episodi disponibili finora), già pregustavano la delusione dopo i primi minuti… e invece… non serve essere nerd come me per fare un giro sull’internet e rendersi conto che la serie live action disponibile su Netflix ha già superato il successo di Mercoledì e Stranger Things. Ma è solo perché è uscita in un momento di “vuoto” netflixiano?

Per rispondere a questa domanda partiamo dalla trama che, come ogni Shonen Manga (fumetti giapponesi action) che si rispetti, non brilla particolarmente: Monkey D. Luffy è un ragazzo che vive su una piccola isola spesso visitata da bande di pirati, il suo sogno è, appunto, diventare il più grande pirata del mondo e trovare il One Piece, un tesoro misterioso e molto prezioso nascosto anni prima da Gold Roger, il pirata più famoso della vecchia generazione, giustiziato dalla Marina all’inizio della storia. E’ proprio il discorso di Gold Roger, il suo messaggio urlato con il sorriso che ridà vita alla pirateria in un mondo quasi completamente ricoperto dall’acqua, e che giustifica la presenza (non sempre) benigna, della Marina. Quindi anche qui si ripete uno schema visto in altri manga dello stesso genere: c’è un personaggio che ha un sogno e che riunirà altri amici per portarlo a termine, costi quel che costi.

Ormai lo hanno detto e scritto in molti, non solo influencer che si occupano di questo tipo di cose, ma anche semplici appassionati: la serie di ONE PIECE è BELLA, con difetti, ma è BELLA. Gli attori scelti (tra cui Mackenyu, che qui interpreta Roronoa Zoro, lo stesso attore giapponese che abbiamo visto nel ruolo di Pegasus nel deludente I Cavalieri dello Zodiaco, uscito pochi mesi fa) trasudano passione in ogni scena: ci hanno messo tutto il loro impegno, non solo in chiave di professionisti, ma anche in quella di appassionati della serie, il tutto per dare ai fan qualcosa di dignitoso, per raccontare a chi non sa nulla di questo manga una bella storia di avventure e amicizia. Il protagonista, Iñaki Godoy, Monkey D. Luffy nella serie, è bravo, mi ha emozionato, mi ha fatto battere il cuore, ma soprattutto, ed è questa la cosa più importante, mi ha ridato quelle sensazioni di esaltante commozione che ho sempre trovato tra le pagine del fumetto, quella gentile ostinazione nel portare avanti un sogno, ma allo stesso tempo credere nell’amicizia e nello spirito di squadra, proteggendo amici e comparse più deboli. E’ un supereroe sì, ma è simpatico, ti ci affezioni e, ve lo assicuro, lo accettereste come capitano, proprio come fanno Zoro, Nami, Usop e Sanji, gli elementi che per ora si uniscono senza riserve alla sua ciurma.

E’ chiaro che il pesante fardello di responsabilità gravava in particolar modo sugli attori, che ci avrebbero messo la faccia letteralmente, infatti l’attore che interpreta Zoro ha confessato in un’intervista che da subito ha percepito la pressione su se stesso e sul resto del cast, si trattava di dare il volto ad uno dei personaggi degli animi più longevi della storia, ma la sensazione di responsabilità ha fatto spazio alla voglia di divertirsi e di impegnarsi, proprio come fanno gli elementi della ciurma di Luffy. Il fatto che la produzione sia partita osservando i disegni di Oda ha permesso di ottenere un bel regalo per i fan (e basta vedere alcuni post su Instagram che mettono a confronto le sue illustrazioni con le scene della serie, per rendersene conto), 8 episodi che sono colmi di piccoli dettagli invisibili a chi non conosce l’anime, ma motivo di sorriso per chi ha passato ore e ore tra le pagine del manga. Inoltre sia i costumi che gli elementi delle scenografie hanno un aspetto reale, grunge, vissuto e materico, proprio per evitare l’effetto “I wanna by a cosplayer”, e la Going Merry ne è l’esempio lampante: quanto ho goduto nel notare i colpi di scalpello sulla polena, quasi a voler raccontare la storia segreta dello scultore. Anche la sceneggiatura ha dovuto subire dei cambiamenti, velocizzando, se così si può dire, gli avvenimenti e svelando cose in anticipo, ma senza rovinare la narrazione, perché l’anime è davvero molto lungo e alcuni personaggi (come l’antagonista Arlong) avrebbero visto la luce forse tra 10 anni, considerati i tempi e i costi di produzione. Neanche questo elemento rovina la serie di One Piece.

E i difetti? Perché ho deciso di dare 7 e non 8? Perché i difetti ci sono, e mi hanno ricordato i buchi di budget notati in Kenobi come zone che dovrebbero essere piene di guardie e invece appaiono desolate e con 2 soldati in lontananza, chiaramente distratti e sordi, alcune ambientazioni realizzate in teatri di posa, e i capelli di Nami che troppo spesso sembrano essere una parrucca bisognosa di tanto balsamo, ma si tratta di penurie perdonabili perché la somma di tutto è una serie dignitosa, accattivante che può divertire anche e soprattutto chi non sa nulla del manga. One Piece di Netflix è un prodotto che rispetta l’opera originale ridandocela con attori che hanno recitato con amore e che con una leggera rilettura che ne rappresenta la sorpresa per chi segue la saga da tempo. Il suo successo non dovrebbe essere letto come una puerile risposta dettata dai social o da un marketing “gommoso”, ma al fatto che è uscita nel momento giusto, in un periodo in cui comunque c’è chi non conosce la ciurma di cappello di paglia e questo potrebbe essere un pretesto per cominciare a leggere il manga. Sono contento del successo e non nego che sono curioso di scoprire come interpreteranno i personaggi e le vicende nella seconda stagione, perché pare che Netflix investirà tempo e denaro su One Piece così come ha fatto con Stranger Things.

A questo punto cosa aspettate a prendere le vostre pastiglie “antimaldimare”, indossare i vostri sandali e partire all’arrembaggio verso i mari misteriosi della rotta maggiore?

Il voto dello spettatore Mister Bufo (Alfonso): 7 su 10

Alfonso Mr. Bufo

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