March 13, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Attenzione: questa settimana facciamo rebelot. Oggi io sostituisco Cindy alla rubrica di recensioni cinematografiche ma con una serie, così è più caotico, e venerdì, invece della mia recensione letteraria, ci saranno una serie di story dal backstage del FRI 2023, se non mi beccano e mi lanciano il cellulare nel Naviglio (che a buttare direttamente me non riescono, ho le ossa troppo grosse). La Marysun quindi è l’unica che questa settimana fa quello che deve fare: parlare dei vip di mercoledì, scegliendo accidentalmente solo quelli sfacciatamente belli, la briccona.

Ma veniamo a noi: con una story sondaggio che recava tre titoli, avete scelto di farci guardare il peggiore thriller horror teen Red Rose, e vi ringraziamo per l’aiuto. Cosa accade, in questa serie di 8 puntate in cui si succedono diversi registi che credo non si siano confrontati molto tra loro? Beh, entropia. A ogni coppia di puntate cambia addirittura il genere, e noi telespettatori (5 persone di cui 4 avvezze all’alcol) ci siamo chiesti se avevamo cambiato serie per sbaglio schiacciando il telecomando con le chiappe. Il vero collante di queste puntate è una colonna sonora straordinaria, un revival anni ‘90 con riarrangiamenti geniali e persino la versione inglese della nostra Gloria nazionale, dell’Umbertone Tozzi, che mi si è infilata nella testa e non riesco a smettere di canticchiare.

A parte i miei deliri canori, vi dico che la storia ruota attorno a un’App misteriosa e altamente pericolosa, Red Rose, che, una volta installata nel tuo telefono, riesce a connettersi a tutti i dispositivi digitali del creato (persino le telecamere del tuo paese, in modo da seguire ogni tuo spostamento) e a comandare dai tuoi messaggi ai post dei tuoi social, ovvero, la tua comunicazione, quindi, la tua intera vita. Le prime due puntate sono un’ode alla potenza del desiderio/frustrazione adolescenziali e alla convinzione che la tecnologia possa realizzare/risolvere qualcosa che dovrebbe richiedere uno sforzo di lustri interi e una maturazione mentale, lavorativa e sociale che non viene mai desiderata da nessuno. Scrivi i tuoi desideri, chiede l’App. Figuriamoci se l’adolescente chiede “intelligenza e perspicacia”. Soldi, potere, rispetto. Le due puntate seguenti sono dedicate all’investigazione: chi o cosa si nasconde dietro quest’App? In questa fase i protagonisti sono talmente carini da autobattezzarsi con i nomi dei protagonisti di Scooby Doo, declassandosi al ruolo di giovani investigatori in erba che, seppur dotati, si muovono in un mondo che non prevede mai l’intervento di un adulto. Nelle puntate successive si svela il mistero. E si mettono tutti a correre. Ma, soprattutto, commettono una serie di errori narrativi che ti fanno mangiare salatini a nastro, pur di avere qualcosa da fare che non sia urlare “Ma davvero?”.

Dato che chi ci segue probabilmente ha visto le story con cui abbiamo impestato l’Instagram, e di conseguenza il voto che gli abbiamo dato (un 5 secco e gnecco, che porto a un 6 – – dopo una riflessione a freddo), concludo dandovi un’alternativa alla classica votazione, secondo il  mio modesto pur spassionato parere:

Pregio: l’efficacia con cui viene dimostrata la “debolezza” degli adolescenti, intesa come mancanza di struttura e basi esperienziali necessarie a fare fronte a problemi di, mh, natura digitale. La stratificazione dell’origine dei problemi attorno a cui ruota la serie non si riduce ovviamente ai supporti digitali, ma si salda alla ricerca del proprio ruolo sociale, all’emancipazione dalla famiglia d’origine e dalle sue tare ereditarie, a un posto nel mondo che confonde tragicamente il confine tra desideri e suggestioni.

Difetto: un’altra struttura che va a fare un po’ in culo, quella narrativa. Dopo la prima coppia di puntate, la serie perde la sua spina dorsale, noi abbiamo diagnosticato una sorta di scoliosi. L’ottima partenza dal retrogusto esoterico viene strozzata dalla fretta di far capire cosa si nasconde, bruciando tappe, suspance e, di conseguenza, interesse. Non basta il supercliffhanger alla fine della quarta puntata, e soprattutto ci sono almeno una puntata e mezza (filler) di troppo, che serve solo a allungare un brodo che si era fatto comunque abbastanza meh.

Dovete vedervela? Sì, ma solo se avete adolescenti a cui far capire due o tre cosette. In caso contrario, bypassate senza rimorso.

Cindy

Condividi l'articolo con i tuoi amici

Exclusive Content

Be Part Of Our Exclusive Community