May 25, 2022

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Ma voi ve lo immaginate Donato Carrisi che si mette a indagare su un caso di cronaca nera italiana? No? In effetti nemmeno io. E invece ve la immaginate una grande giallista americana che si mette a investigare su una serie di omicidi realmente avvenuti nel lontano 1888? Anche io. Povero Donato, come mai la giallista americana ve la immaginate e lui no?? Non diciamoglielo.

Avanti dunque con il libro Ritratto di un assassino della regina dell’intrigo Patricia Cornwell, mamma dell’anatomopatologa Kay Scarpetta, che, per la prima volta, calza i panni della giornalista investigativa invece che quelli della scrittrice e ci rivela il volto del terribile serial killer noto con il nome di Jack lo Squartatore.

TRAMA DI UNA STORIA VERA

Patricia Cornwell ci trascina indietro nel tempo e nei vicoli bui della Londra stregata da Jack lo Squartatore, un individuo folle che conosciamo come, forse, il primo vero serial killer della storia. Con la maestria narrativa che contraddistingue le sue opere letterarie e la perizia tipica dei suoi personaggi, l’autrice ci presenta le prove sufficienti a individuare nel pittore inglese Walter Sickert lo spietato omicida che, ai tempi dei suoi crimini, nessuno ebbe modo di scoprire e fermare. Un secolo e mezzo dopo, Patricia Cornwell chiude il caso di Jack lo Squartatore.

FINE TRAMA DI UNA STORIA VERA

Avete presente quando state guardando un film horror e nei titoli di testa compare la scritta “ispirato a una storia vera” e vi resta la pelle d’oca per due tremila giorni a seguire, indecise se credere alla scritta e piangere quando non vi vede nessuno, oppure lodare quelli del settore marketing e promozione? Beh, qui si parla di Jack lo Squartatore, quindi non serve aggiungere nessuna scritta sulle origini dell’ispirazione. Al massimo un “caso chiuso” come sottotitolo. Ritratto di un assassino non parla infatti di un celebre cattivo letterario, non del Professor Moriarty, non dell’Orologiaio (mi sono impantanata nei thriller di Jeffery Daver) ma del serial killer che mise in ginocchio la Londra fine ottocentesca e la cui fama non accenna a scemare nel tempo, trasformando uno spregevole assassino in un’icona che esercita un’attrazione morbosa persino un secolo e mezzo dopo la sua morte. Dipende dal fatto che non sappiamo chi fosse? Allora siamo a posto. Walter Sickert, pittore londinese, affascinante, scialaquatore, sociopatico, sessualmente di… suona l’allarme spoiler, mi fermo immediatamente.

Se infatti la quarta di copertina non fa mistero di chi sia, secondo la Cornwell, il famigerato Jack (cito testualmente: il più famoso serial killer della storia ha così un nome e un volto: quello del pittore londinese Walter Sickert), io vi ricordo che il disvelamento, come da tipica narrazione Cornwelliana, avviene per gradi e colpi di scena. Vi serve un libro intero per camminare nei vicoli di Londra e confrontare le testimonianze delle persone vicine alle vittime e degli investigatori incaricati del caso, tornare alle lettere dell’assassino, correre a visionare le prove strappate all’usura del tempo, sporcarvi dell’analisi di grafie e stili pittorici e calarvi nell’interessante (io credo sia vera) teoria di un pittore problematico che poteva trovarsi esattamente dove si era trovato Jack lo Squartatore mentre consumava i delitti.

Le linee narrative o temporali che ci vengono srotolate davanti agli occhi sono tre e sono delineate alla perfezione: i fatti ottocenteschi, quelli provati e quelli millantati, a opera di simulatori del pluriomicida; le prove del tempo riportate alla luce e ri-analizzate o interpretate alla luce delle tecnologie e delle scoperte scientifiche contemporanee, richieste da Patricia Cornwell; e il racconto della vita del pittore Walter Sickert, una biografia ricca di dettagli che riesce a delineare, quasi come la mano di un artista che ritrae un soggetto in posa, una mente malata che sapeva usare con la stessa crudele disinvoltura i suoi attrezzi del mestieri, pennelli e coltelli.

Molti dei nudi e delle altre figure femminili hanno il collo scoperto e una linea nera che lo attraversa da sinistra a destra, come per suggerire un taglio alla gola o una decapitazione. Certe aree più scure sono da intendersi come ombreggiature e giochi di luce, ma le linee scure, continue di cui parlo sono alquanto enigmatiche. Non sono collane; di conseguenza, visto che Sickert dipingeva solo quello che vedeva, che cosa rappresentano quelle linee?

Giulia

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