March 3, 2021

Categoria: Consigli utili

Tempo di lettura: 1 min.

Interno casa. Cucina.

Mac acceso: “Ragazzi, divisi in due gruppi: uno in asincrono guarda il video sulla crisi del ’29, mentre il gruppo in presenza viene interrogato sul fascismo (che di ‘sti tempi è meglio ripassare approfonditamente, visti i rigurgiti contemporanei) e poi cambiamo”.

Dalla porta della cucina un braccino compare con un biglietto: “Mamma mi fai il bidè quando puoi?”.

“Ragazzi scusate, voi ripassate due secondi che arrivo”.

Scende di corsa l’adolescente: “Mamma, abbassa la voce che la prof. mi ha chiesto chi stava parlando del fascismo!”

“Esagerato! Va beh!”
Figlia, lavata e preparata, accede alla sua lezione dalla sala. La sua compagna è sorella di un mio alunno: quando lo interrogo tramite lo schermo di sua sorella collegata con mia figlia sento la mia voce.
Sembra un anno fa. No. Per fortuna un anno non è passato invano. Innanzitutto siamo diventati tutti più bravi con gli strumenti elettronici: sincrono, asincrono, Google moduli e Classroom non hanno più segreti per noi docenti e per gli alunni. Mia figlia posta i compiti, invia mail, entra su Meet come se non avesse mai fatto altro. L’altro fanciullo è stato più in Dad che in presenza, ha acquisito competenze informatiche che mai avrebbe acquisito visto lo scarso interesse. Sappiamo come proteggerci, abbiamo le mascherine e i tamponi.

È di nuovo primavera, se possibile ancora più bella di quella dell’anno scorso.

Continuo a pensare che questa non sia didattica, mi manca la relazione con gli studenti. Ma anche in presenza con mascherine e distanziamento era difficile fare lezione: quella che piace a me, girando tra i banchi, con le isole per la classe, con gli scambi di merende e di esperimenti grammaticali. In questo momento era necessaria la Dad: la variante inglese circola anche tra i ragazzi e a Brescia, in Franciacorta in particolare i casi positivi sono tantissimi. A novembre e a gennaio ero stata contrarissima alla chiusura della scuola, perché il virus non girava tra i ragazzi e questo acuiva la frustrazione di stare a casa, potendolo non fare. Tutto questo per dire che la percezione di ciò che ci accade cambia a seconda di come la viviamo. Sto scrivendo in giardino, mentre aspetto che mia figlia finisca la lezione per andare a vedere la primavera su una collina vicina a noi: farfalle, violette e crochi.
Mi sono accorta che anche i miei figli, percependo il mio atteggiamento propositivo, stanno meglio: non più sfigati che stanno subendo un danno psicologico, ma ragazzi che stanno dando il meglio, acquisendo competenze, dando prova di grande responsabilità, rinunciando a feste e a pijama party. So che dopo dovremo prendere in mano l’emergenza educativa, ma citando Recalcati (invito ad andare a leggere l’intero articolo su Repubblica del 23 novembre 2020): siamo sempre in tempo anche se siamo in ritardo! Non esiste una generazione covid, se noi adulti non etichettiamo così i ragazzi, consentendo loro di fare le vittime. Comprendere la loro situazione, ma spronarli alla resilienza. Sempre in tempo anche se in ritardo.

Cindy

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