July 16, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Allora, la premessa è doverosa: Guccini potrebbe anche scrivere le didascalie del catalogo dell’Ikea, che io correrei a comprarlo a prescindere. Guccini rappresenta la colonna sonora della mia vita e da quando ha smesso di cantare attendo con ansia l’uscita dei suoi libri e le (ahimè, rare) occasioni di presentazione dei libri stessi per andarlo ad ascoltare.

Dopo questa premessa, volta in parte a giustificare l’inevitabile faziosità della mia recensione, devo aggiungere che da qualche anno sono alla ricerca di racconti brevi e storie “da adulti”. Da insegnante, infatti, sono arrivata a non sopportare più le antologie scolastiche, poiché nel tentativo di inserire più tipologie testuali possibili, si MUTILANO romanzi e testi che così perdono completamente di significato. Da qualche anno, quindi, uso i brani antologici per lavori stilistici e lavoro su brevi racconti. Purtroppo le antologie ne hanno molto pochi, così ho cominciato ad investire in raccolte di racconti a partire da Calvino, Buzzati, Benni, Pirandello… i risultati sono notevoli: un racconto letto dall’inizio alla fine consente agli alunni di comprendere meglio il testo e a me appassiona molto di più. L’unione tra la mia passione e la loro miglior comprensione rende piacevole l’ora di lettura con buona pace di tutti. Orologio puntato quindi all’8 giugno: fine della scuola e uscita del nuovo libro di Guccini: Storie liete, fiabe nere e tempi andati. Ma siamo al 16 luglio?! Vero! Ho aspettato volutamente del tempo, perché volevo acquistarlo e leggerlo subito: con Guccini è così! Questa è la mia prima vera settimana di vacanza, allietata da questo romanzo che ho letto lentamente per assaporare ogni parola, già pensando a quali testi proporre ai miei alunni a settembre. Il testo è una raccolta di racconti, che Guccini ha scritto durante gli ultimi vent’anni e poi abbandonato in un cassetto o in qualche antologia tematica. L’ambientazione è l’Appennino tosco-emiliano, luogo dove Guccini ha vissuto la prima infanzia e dove ora vive la sua vecchia:

Comunque qui a Pavana (il paesino in provincia di Pistoia dove vive, nds) si fanno soprattutto due cose. Prima di tutto, si segue con grande attenzione il meteo perché, se si va a funghi o si ha un orto, sapere che tempo fa è una questione vitale. E poi, ci si aggiorna a vicenda su chi muore, perché siamo sempre meno. Insomma, al centro dei nostri pensieri c’è sempre il tempo, in tutte e due le forme: il tempo del cielo e quello degli orologi, quello che piove e quello che passa.

Il leit motiv di questi racconti è il tempo, ma non pensate di leggere storie antiche: sono racconti a volte ambientati in tempi passati, altre volte più vicini a noi, ma sempre attuali, come attuali sono le dinamiche delle relazioni tra gli uomini. Celestino, l’alunno che interpreta “Ei fu”, come “Ehi, Fu!”, dove ehi è un saluto e Fu il nome di un cinese, mi ha ricordato un sacco di miei alunni…

I racconti sono nello stile di Calvino, senza morale o quanto meno senza morale esplicita: l’insegnamento esiste sempre in ogni testo, ma la finalità dei racconti di Guccini non è mai morale. Guccini racconta sostanzialmente per il piacere di raccontare. Del resto, la magia delle sue canzoni stava proprio che in pochi minuti venivano raccontate storie grandi che ancora oggi, dopo cinquant’anni, vivono nella memoria di tutti coloro che le hanno ascoltate. La bellezza della narrazione risiede anche nella lingua: Guccini ha sempre investito energia nello studio della lingua (celebri sono i commenti di U. Eco su alcune sue scelte stilistiche: “Che coraggio far rimare Shopenauer con amare!” o ancora “L’unico poeta che è riuscito ad iniziare una canzone con un avverbio come probabilmente”). In questi racconti, la lingua è parte del piacere della lettura: ogni parola non è scelta mai a caso. C’è anche una ricerca di parole in disuso (vincastro ho dovuto cercarla sul vocabolario) o di parole che ricalcano i dialetti, in primo luogo ovviamente il pavanese, ma vi sono accenni anche del palermitano, in un racconto ambientato appunto a Palemmo, dove si accenna ad una storia di mafia senza mai parlarne direttamente: l’effetto è quello di una sensazione di ansia e di paura a fronte di un fatto apparentemente semplice e lineare, come accompagnare dei signori in una scampagnata con un calesse. Abbiamo anche un affondo nella fantascienza con il racconto Icaro, che è paradossalmente il più vecchio, scritto nel 1965, che racconta di un uomo che voleva volare e che per questo decide di costruire una specie di macchina per farlo, ma il finale è tragico, come è del resto quello del vero Icaro. Nella postfazione, Guccini cerca di ricostruire i contesti nei quali sono stati scritti questi racconti restituendo ancora più senso all’intera raccolta.

Non sono per nulla obiettiva, ma “..mi piaccion le fiabe, raccontane altre!”, mio adorato Guccini!

Cindy

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