May 17, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 4 min.

James aiutaci… sei la nostra unica speranza…
Credo sia stata questa la battuta con cui il team DC Comics ha contattato a suo tempo James Gunn, già famoso regista e sceneggiatore de I Guardiani della Galassia, subito dopo la notizia del suo allontanamento dalla Disney a causa di un Tweet poco simpatico, pubblicato in un momento difficile del regista, e come prima missione gli hanno affidato proprio il film che ho deciso di recensirvi questa settimana: Suicide Squad: missione suicida.

Confesso che sono ancora triste per l’epilogo della saga dedicata al gruppo di reietti galattici, così mi sono fiondato a capofitto su un rewatch di questo film reso disponibile su Netflix, il cui regista è, appunto, James Gunn.  Ormai conosciamo tutti il talento di Gunn, il quale, quando gli è stata data CARTA BIANCA dalla DC Comics, come a voler dire “Fai ciò che la Disney non ti ha lasciato fare” si è sfregato le mani mettendosi subito all’opera per ridare lustro ad un progetto il cui risultato del primo film (legato a questo secondo episodio solo a livello concettuale) aveva deluso la maggior parte dei fan. Suicide Squad: missione sucida può quindi considerarsi uno stand alone, potete gustarvelo senza aver visto quello precedente perché non solo parte con una trama nuova, ma anche con una squadra di elementi nuovi, sì perché, come veniva raccontato nei fumetti, la Suicide Squad non è un gruppo vero e proprio, ma è un progetto del governo che prevede di utilizzare elementi incontrollabili e criminali per compiere missioni, appunto, senza apparente vie d’uscita. L’unico elemento in comune con la prima pellicola è la donna a capo del progetto, la crudele Amanda Waller, interpretata sempre da Viola Davis, famosa per Le regole del delitto perfetto.

Come sempre, veniamo alla trama.  In questo film, dopo un breve ma divertentissimo prologo, la squadra composta da Harley Quinn (Margot Robbie), Bloodsport (Idris Elba), Rick Flag di (Joel Kinnaman), Captain Boomerang (Jai Courtney), Peacemaker (John Cena) viene portata sull’isola di Corto Maltese per cercare il luogo in cui viene nascosto il misterioso progetto Starfish: anche se dotati di armi pericolosissime, ogni membro sa che qualsiasi atto di ribellione o diserzione causerà la morte di ognuno di loro, causata dalla stessa Amanda Waller. Quindi il film, anche in questo caso, presenta una trama molto semplice, che ricorda molto quella di film di guerra e d’azione anni ’80 come Commando e Rambo, citati in modo sottilissimo. E badate che Games Gunn non ha scelto a caso i personaggi: ognuno di loro appare anche solo per una storia nei fumetti, ma è riuscito a dare senso a tutti, persino all’antagonista, di cui non vi anticipo nulla, ma che rappresenta uno dei nemici più stupidi del mondo DC.

James Gunn adora giocare con lo spettatore, e lo dimostra fin da subito, illudendolo con un elemento in particolare, per poi virare sui protagonisti, uno più interessante dell’altro. Qui ritroviamo Harley Queen, che non ha bisogno di presentazioni e che, rispetto alla pellicola precedente, non ne viene fuori come una “falsa protagonista”, anzi, conta poche battute, ma quelle giuste, e le scene a lei dedicate sono ben commisurate rispetto a quelle degli altri membri. Idris Elba, con il suo Bloodsport (che non è un sostituto del Deadshot interpretato da Will Smith, per sua stessa richiesta fatta a James Gunn), è il capogruppo, o almeno dovrebbe se non fosse per la meravigliosa presenza di Peacemaker, sfacciato e fuori luogo vigilante interpretato da un inaspettato John Cena, che è riuscito a sorprendermi con la sua recitazione sopra le righe. Poi il film ci presenta altri personaggi: il colonnello Rick Flag, il vero capogruppo dell’operazione, l’ammaestratrice di ratti Ratcatcher II, l’introverso Polka-Dot Man (personaggio al quale solo James Gunn poteva dare un senso in un film corale come questo, credetemi) e lo squalo antropomorfo King Shark (vi consiglio di gustarvi la versione in lingua originale per divertirvi ascoltando la voce di Sylvester Stallone che doppia proprio questo personaggio), reincarnazione di un’antica divinità marina, (una specia di fusione tra Groot e Hulk). Infine abbiamo Thinker, crudele scienziato a capo del progetto Starfish.

Intendiamoci, questo film non è per tutti, non è adatto ai bambini come lo sono i film Marvel, perché qui Gunn è stato davvero lasciato a briglia sciolta e lui si è divertito a dirigere in modo perfetto, come solo lui sa fare, tanti personaggi, dando allo spettatore un’idea precisa di dove si trova ognuno di loro, cosa sta facendo, e come sta uccidendo il suo avversario. La squadra utilizza modi violenti per uccidere, c’è tanto sangue, vedrete scene splatter ma divertenti, perché il regista è un vero appassionato di fumetti e sa come stemperare la violenza, la stessa che c’è tra le pagine dedicate a questo franchise. Riderete vedendo teste mozzate e corpi esplodere, perché siamo di fronte ad un’opera che non prende in giro, ma fa quello che deve fare: intrattenere senza fronzoli, senza scene di dialogo inutili (ricordate le interminabili chiacchierate in Avengers End Game?) e soprattutto Suicide Squad: missione suicida è coerente, perché i membri del gruppo sono reietti, criminali, elementi di cui la società non sa cosa farsene, quindi li usa come si fa con gli emarginati sociali, rendendoli elementi sacrificabili, anche se dotati di capacità fuori dal comune; il film non li rende eroi in tutto e per tutto, ma si concentra sul farci empatizzare quel che basta con loro, rendendo protagonista, ancora una volta, l’idea di gruppo, di famiglia e di amicizia, anche di fronte ad un’apocalisse.

Questa volta però, pur ammirando James Gunn, un difetto io sono riuscito a trovarlo. Suicide Squad: missione suicida è un bel film, è divertente, contiene scene d’azione da spacca mascella, ma riguardandolo dopo I guardianii della galassia mi è risultato inevitabile un confronto e i 2 progetti presentano molte analogie, è come se James Gunn, pur avendo fatto un ottimo lavoro, abbia semplicemente realizzato I Guardiani della galassia che non ha potuto fare in casa Disney, vestendoli con abiti DC. A parer mio, è inevitabile arrivare alla fine e fare questa riflessione perché è abbastanza palese. Persino la colonna sonora, utilizzando qua e là brani rock di un certo livello, non fa che rimandarci alla space opera di cui sopra. Questo film è un caso strano, perché sembra essere un reboot ma non lo è, non è nemmeno un vero e proprio secondo capitolo, io credo che rappresenti più un test, ben realizzato intendiamoci, ma pur sempre una verifica dello stato di interesse dei fan per il mondo DC se dato nelle mani giuste, e devo ammettere che James Gunn ha portato a termine la sua missione, e chissà cosa potrebbe fare con altre saghe appartenenti al mondo DC Comics, non oso immaginare cosa potrebbe tirare fuori se andasse avanti con questo stesso franchise, ma ora è troppo presto per dirlo.

Anche questa settimana la mia recensione finisce qui, certo, ci sarebbero ancora tantissime cose da raccontare su questo film, come la supplica di Will Smith fatta a Gunn di non sostituirlo perché da sempre suo desiderio di lavorare con lui, e chissà, forse nel prossimo capitolo di Suicide Squad potremmo trovare sia Deadshot che Bloodsport.

Trovate Suicide squad: missione suicida su Netflix: armatevi di giavellotto, armi tecnologiche, topi, pois e … buona visione.

Il voto dello spettatore Mister Bufo (Alfonso): 7 su 10

Alfonso Mr. Bufo

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