April 5, 2023

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 4 min.

Ok, ho deciso di prendermi la responsabilità di scrivere una recensione su The Whale, nuovo film che ha riportato alla luce uno di quegli attori colpiti dalla “sfortuna di Hollywood”, un male che spinge inesorabilmente grandi artisti come Brendan Fraser, protagonista di questa pellicola, dall’Olimpo dei riflettori all’oscuro ade della depressione.

Ci tengo però a fare una brevissima premessa. Chi è Brendan Fraser? E’ un tizio che ha portato il suo corpo al limite pur di evitare l’utilizzo degli stuntman, è il simpaticissimo protagonista di Indiavolato, commedia del 2000, è lo stesso carismatico individuo che ha interpretato la prima saga de La Mummia, e soprattutto, un attore che è riuscito a non farsi incatenare a ruoli da “family movie” solo perché brillante e di bell’aspetto, dimostrando di avere tutte le carte per incarnare vesti drammatiche come quello del procuratore in Crash-Contatto fisico, e…. è uno dei miei attori preferiti. Quindi, non proprio un principiante. Hollywood però, tra infortuni sul set e abusi, e non voglio soffermarmi su questo triste dettaglio, gli ha reciso l’autostima, schiacciando il tasto “pausa” sul suo enorme talento, fino a quando arriva Darren Aronofsky, già regista di capolavori come The Wrestler e Il cigno nero, che gli dà la possibilità di interpretare il professor Charlie in un film che NON TRATTA IL BODY SHAMING, NON PARLA DEGLI ACCUMULATORI COMPULSIVI E SOPRATTUTTO NON E’ UN PATETICO TENTATIVO DI DIMOSTRARE CHE BRENDAN FRASER E’ UN BRAVO ATTORE, perché su questo non vi è alcun dubbio.

Ora, parliamo di The Whale.
(Faccio un sospiro e clicco play sulla soundtrack da Spotify)
Per guardare questo film bisogna innanzitutto avere il buon senso di valicare l’astuto inganno del titolo che, per un ingenuo spettatore, travisa completamente il senso della storia, un intimo, dolce, a tratti cinico e crudele racconto su Charlie, un insegnante di inglese auto reclusosi nella sua casa da anni, con gravissimi problemi di obesità, e che tiene corsi online con la webcam spenta. Il suo unico rapporto umano avviene con l’infermiera che lo aiuta con le cure quotidiane. La vita del protagonista viene però scossa dalla diagnosi che certifica la sua imminente morte, notizia che lo spinge ad una redenzione verso la figlia adolescente che non vede da anni. Una trama che ad una prima lettura forse risulta un déjà-vu, ma se vi raccontassi ciò che si nasconde realmente dietro le condizioni di Charlie, dietro le sue scelte, dietro la sua melanconica autoironia, vi lancerei molti spoiler, togliendovi il gusto di scoprire il perno di tutta la trama, compresa l’origine del titolo stesso, un divertente raggiro che vuole attirare a se solo chi desidera scoprire cosa si nasconde nel profondo di quel trucco prostetico che sembra essere estratto da un episodio di Vite al limite.

Se deciderete di guardare The Whale verrete pian piano accompagnati verso l’inferno di chi ama qualcuno fino a distruggere il proprio mondo, dovrete accontentarvi delle opache pareti dell’appartamento del protagonista perché la visione di Darren Aronofsky non vi porterà molto più in là. Dovrete avere il coraggio di guardare Charlie e le sue difficoltà, e non parlo di quelle fisiche, ma di quelle dell’animo, le stesse che si cerca di reprimere per sopravvivere in un mondo sempre più veloce. The Whale, badate, è un film lento, ma inesorabile, che potrebbe anche sembrare una denuncia verso una società sempre più inabissata verso l’apparenza digitale, ma non è nemmeno questo, e lo scrivo per concludere quella che non volevo fosse una recensione, perché sul web ne trovate a dozzine, e molto valide; a me non interessa darvi un parere su un film che ha già ricevuto abbastanza riconoscimenti, e non comincerò di certo io a disapprovarne degli aspetti, preferisco limitarmi a descrivervi il senso di sollievo una volta giunto ai titoli di coda, un senso di conforto misto all’inaspettata sorpresa di un epilogo arrivato troppo presto e, se fossi stato anche io seduto tra il pubblico alla Mostra del Cinema di Venezia, avrei fatto compagnia a chi lo ha applaudito per 6 minuti.

Però vi avviso, munitevi di fazzoletti. Buona visione.

Alfonso Mr. Bufo

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