August 27, 2021

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 2 min.

Dopo un anno di chiusure, quest’estate mi sono dedicata a brevi, medie e lunghe vacanze in auto. Mio figlio adolescente mi ha introdotto nel magico mondo si Spotify, così, mentre ascoltavamo i suoi brani, all’improvviso: “Cosa centra Marco Damilano con via Fani?”. Come già detto più volte sul blog, nutro un’assoluta, quasi bulimica curiosità attorno al caso Moro, ritenendo quest’episodio la chiave di lettura del passato e del futuro della nostra nazione. Inoltre, da quando seguo Propaganda live su La7, ho imparato a conoscere il giornalista Marco Damilano e ad apprezzarne sempre più le doti narrative e la particolarità delle sue vedute. Due passioni che si univano in una frase di una pubblicità all’interno di Spotify: “Lore, mettimi subito quel podcast che hanno appena nominato..”.

Mio figlio esegue e scopro un meraviglioso podcast intitolato Qui si fa l’Italia redatto da due giovani Lorenzo (e a questo punto siamo a tre!!): Lorenzo Pregliasco e Lorenzo Baraballe, organizzato a puntate su alcuni episodi della storia d’Italia recente e raccontate “da chi non c’era a chi non c’era”, come recitano nell’incipit. Lorenzo (il mio) seleziona l’episodio relativo al caso Moro e la mia auto si trasforma: tutti in silenzio ad ascoltare questo racconto avvincente fatto da questi due giovani giornalisti. E così scopriamo tutti cosa c’entra Marco Damilano, bambino di soli 10 anni, con via Fani. Non lo rivelerò qui, ma scopro che su questa vicenda ha scritto un libro: Un atomo di verità. Mentre le note di una sigletta decretavano la fine dell’episodio, io stavo già chiamando la mia libreria di fiducia per ordinare il libro. Ho atteso, poi, l’ultima settimana di vacanza per godermi la lettura e sono stata ricompensata! 

 

Innanzitutto, confermo l’impressione già avuta come giornalista, Marco Damilano scrive veramente bene: una prosa complessa, ma accurata. Mentre la leggevo, sentivo il suo tono dello “Spiegone Damilano” e apprezzavo come al solito il dolce e l’amaro del suo narrare. Non è un libro sul caso Moro, ma è un’indagine svolta anche attraverso i luoghi su cosa ha significato per il destino dell’Italia la morte dell’uomo più importante d’Italia. Mi ha colpito davvero come Damilano abbia voluto ricostruire il senso della narrazione, partendo dai luoghi: ovviamente via Fani, ma anche Maglie, il paese nativo di Aldo Moro, e poi Racalmuto, paese di Sciascia, il quale era quasi ossessionato dal caso Moro, e Bologna, dove è stato spostato l’archivio relativo all’agguato, fino a Casarsa, paese di Pasolini, morto tre anni prima di Moro, ma legato al caso più di quanto si possa immaginare, e infine un magazzino a Roma dove sono conservate le auto devastate dall’agguato di via Fani.

Un viaggio che cerca di ricostruire la figura di Moro, partendo anche dalle fotografie: più di 5000 foto ritraggono lo statista, ma l’immaginario collettivo ha immagazzinato quell’espressione tra il burbero e lo sconsolato delle due polaroid scattate dai brigatisti durante il sequestro.

E poi il ruolo di Moro come personaggio politico del dopoguerra, all’interno della DC, ma anche nello scacchiere internazionale di un’Italia sotto l’influenza della Nato, ad un passo dalla Jugoslavia. Marco Damilano è riuscito davvero a coniugare indagine giornalistica e spessore narrativo per tentare di ricostruire lo scenario nel quale l’agguato è stato compiuto, ma soprattutto il dopo: nel vuoto  di potere, ben rappresentato da un funerale di Stato senza bara e senza corpo, è cominciato il declino di un’intera classe politica. Fare i conti con il passato è necessario, come al solito! Del caso  Moro rimangono ancora tanti misteri, ma forse un atomo di verità sì: l’Italia è il paese dalla passionalità intensa e dalle strutture fragili (Aldo Moro).

Cindy

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