November 21, 2019

Categoria: Consigli utili

Tempo di lettura: 2 min.

La settimana scorsa, analizzando il fascino di Novembre, sono giunta alla conclusione che la sua bellezza sta proprio nell’essere se stesso: un mese autunnale, riflessivo, melanconico e a volte anche un po’ triste. Contiene una festa dei santi, che tutti dimenticano parlando di “festa dei morti”, una festività soppressa, il IV novembre per festeggiare la fine della I guerra mondiale, l’estate di san Martino, che estate non è e mai come quest’anno è stata simil inverno. Insomma, a Novembre pure le feste non sono feste.

Ma quanto le feste condizionano il nostro umore? Quando a Settembre consegnano il calendario annuale, la prima cosa che fa ogni bravo insegnante è guardare il numero di ponti causato dalle feste e quanti ponti si sposano con il proprio giorno libero, in modo da poter cominciare a fantasticare su gite fuori porta, fuori stagione e fuori di testa… e questo condiziona moltissimo l’umore!! Ma pensando alle feste “comandate”, quanto queste contribuiscono a creare identità culturale e collettiva? Le feste religiose sono sparse durante l’anno in modo abbastanza equo e solidale: ma provate a chiedere ai cristiani quanti conoscono il perché dell’Assunta o dell’Immacolata? Diciamo che per gli italiani la festa religiosa è un momento per ritrovarsi in famiglia, magari attorno ad un tavolo, magari a mangiare (evviva la sagra del luogo comune) e qui ci sono due categorie ben distinte di italiani: quelli che adorano le feste (come la nostra Giulia) e quelli che non le sopportano (come la nostra Marysun). Il Natale raggiunge l’apice di questa tendenza, con coloro che diventano euforici per la festività e quelli che si deprimono per lo stesso motivo che causa brio negli altri.

Poi ci sono le feste civili, quelle legate alla storia patria o internazionale. Sono feste importanti che, essendo civili, inevitabilmente si sposano con la politica. E anche qua noi italiani che amiamo le dicotomie ci schieriamo. Le feste civili della nostra cultura sono tutte in primavera e questo le rende ancora più belle per coloro che le festeggiano, andando in piazza (come me). Quindi sì, la festa influenza moltissimo la mia identità perché mi dice chi sono e chi non voglio essere. Anzi, addirittura a volte in piazza ci si conta, un po’ per ricordare chi non c’è più e un po’ per vedere chi ha fatto altre scelte. E cantare all’unisono canzoni legate alla Resistenza è commovente, perché rafforza il senso di appartenenza.

In effetti, la nostra società ci porta sempre di più a chiuderci in una dimensione privata, resa sempre più solitaria dalla frenesia e dalla stanchezza, per cui le feste ci ricordano, con la loro ciclicità e la loro diversa essenza, chi siamo o chi non siamo. E forse è per questo che vogliamo anticipare sempre i tempi, per cui già a metà ottobre palle, palline, alberi e lucine ci indicano l’avvicinarsi (fasullo) del Natale: RICORDATI CHE DEVI ESSERE FELICE… sì, no, mo’ me lo segno, avrebbe risposto Massimo Troisi.

Cindy

Cosa ne pensano le altre Grrr Girls?

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