July 27, 2022

Categoria: Recensioni

Tempo di lettura: 3 min.

Su, non fate così. Siamo all’ultima bibliogiuliata dell’anno, ma si chiude una Bibliogiulia, e si apre una Bibliocindy. Le recensioni letterarie a settembre prenderanno la forma dei pensieri della prof Cindy, ma io torno con una nuova rubrica. Vi carico a bordo e ripartiamo all’avventura, sgommando pure. Or dunque, e per l’ultima volta, sappiate che mi sono presa questo libro dietro consiglio di quella bomba della Barbara Morini, dell’intervista al cui meraviglioso libro avete letto due mercoledì fa.

Chiudiamo con la recensione de Il richiamo del cuculo di Robert Galbraith, che altri non è che lo pseudonimo di quella genia di una genia di J.K. Rowling, la Jenia Rowling, madre di saghe straordinarie che manco vi sto a dire, che ormai lo sanno tutti.

TRAMA CIP CIP (DA CUCULO, NO?)

Una modella dalla fama di viziatella instabile, Lula Landry, fa un volo dal terzo piano di un palazzo alle due di notte, cortocircuitando le notizie dei mass media inglesi per tre mesi almeno. Finiti i quali, il fratellastro John Bristow decide di rivolgersi all’investigatore privato, ex militare e figlio di una star del rock, Cormoran Strike, che viene descritto da J.K. come l’anello mancante tra l’uomo e l’orso, altro che le scimmie (di grossa corporatura, alto, dall’aspetto peloso…). Il fratellastro non crede che Lula si sia suicidata, come sostengono tutti, polizia compresa, e lo paga per capire cosa si nasconde dietro l’omicidio della giovane modella. E, ovviamente, per fare luce in un mondo governato da quella artificiale dei riflettori, bisogna aguzzare la vista. E collegare accordi, contratti, malelingue, paparazzi, famiglie adottive, amiche di riabilitazione, madri e zie biologiche avide…

FINE TRAMA CIP CIP

Dico, ma un libro di merda, Geichei, lo vuoi scrivere? Un fallimento tuo, me lo fai avere?! Ennesima saga straordinaria, che, pfui, pure col giallo va che brucia. Non mi stupirei di scoprire che, da qualche parte, una professoressa delle medie è diventata ricca sfondata dopo aver pubblicato tutti i temi di Geichei adolescente. In premestruo mi viene una vena d’invidia, sana, figuratevi. Comunque, veniamo a noi: Cormoran Strike. Questa del cuculo segna la prima avventura di (per ora) cinque indagini pubblicate e trasposte televisivamente dalla BBC, sulle quali ovviamente io vorrei mettere le manacce. Ma settiamoci prima sulle book vibes, dai.

La scrittura corre veloce tra le vie di Londra e i pensieri del protagonista, pur narrati in terza persona, che noi “vediamo” per la prima volta mentre quasi ammazza la futura segretaria Robin con un frontale sulla tromba delle scale. Tranquilli, la salva. Prendendola per, ecco, un seno. Qui scatta automatico l’amore per questo tizio pelosone, diciamocelo. Stava inseguendo la sua ex, una tizia meravigliosa, ricca e decentrata (la conosceremo da alcuni pensieri nostalgici di Cormoran e da alcuni assaggi esplicativi della sorella, mai direttamente), ma viene interrotto dalla segretaria mandata da un ufficio interinale. Si trasferisce per direttissima a vivere in ufficio, e per fortuna entra il cliente facoltoso, fratellastro di Lula, a dargli un lavoro, perché lui non c’ha un soldo né un pezzo di gamba, ma, ehi. Ha gli attributi. E, adesso, anche una nuova segretaria. E la storia può avere finalmente inizio, avvicendandosi in modo piacevole, chiaro, accattivante, tensivo all’occorrenza e dolcemente lento nelle curve introspettive della vita dei personaggi coinvolti, riuscendo a restituirci un quadro preciso (e sempre magnetico) delle loro azioni e dei loro moventi. Il finale sorprende. Beh, io l’ho detto che non ci capisco mai niente, ma questo collega tanti di quei fili, che ti senti pure un po’ rimbambita per non aver capito che, di gomitoli da arrotolare, non ce n’era solo uno.

Non so dirvi esattamente se J.K. volesse consegnarci un messaggio. Gli occhi di chi investiga, come vi dicevo, sono abbagliati dalla potenza dei riflettori, come un gatto in tangenziale. Potrei dirvi di aver colto una critica non troppo velata nei confronti di un mondo della moda che fagocita, mangia e risputa corpi, senza perdere tempo a metabolizzare, e che presenta personaggi “sottili”, mancanti di quello spessore dell’anima che li renderebbe capaci di amare. Ben lungi dall’avere una scrittura superficiale, l’autrice mostra impietosamente vuoti e vizi di persone corrotte dal successo, facendo girare tutta la giostra dei moventi attorno alla legittimazione del suicidio: Lula si sentiva solo una macchina per fare soldi, e non una persona degna d’amore. Tragicamente buffo e dolorosamente ironico, scoprire che, invece…

Era la prima volta che Robin vedeva Strike in giacca e cravatta. Sembrava che, si disse, un giocatore di rugby in viaggio per un test match: grosso e convenzionalmente elegante, in completo scuro e cravatta pacata. Era in ginocchio, a frugare in uno degli scatoloni di cartone portati dall’appartamento di Charlotte. Robin distolse lo sguardo dagli oggetti nella scatola. Continuavano a evitare qualsiasi accenno al fatto che Strike vivesse in ufficio.

Giulia

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