September 26, 2019

Tempo di lettura: 1 min.

Una volta ad un corso dissero che la differenza tra i nativi digitali e gli immigrati digitali era che i primi usavo tutte e due le mani per scrivere su uno smartphone, mentre i secondi usano una mano per tenerlo e l’altra per scriverci. Io appartengo alla seconda categoria. Il primo cellulare l’ho avuto a 24 anni. Ho fatto a tempo a fare esperienza in un’epoca senza internet: ho fatto esami all’università iscrivendomi a mano in segreteria, mi sono innamorata a distanza trascorrendo ore (più lui che io) in una cabina telefonica, ho firmato a scuola registri cartacei e inviato cartoline dai luoghi di vacanza. Ma faccio parte anche di quella generazione che non ha potuto ignorare l’evoluzione della tecnologia, perchè troppo giovane per farlo. Quindi ho frequentato ogni corso possibile per acquisire dimestichezza con pc, software, registri elettronici, lim… ho profili social che frequento e mi piace farlo. Ma che fatica!

La mia generazione è una generazione di passaggio dal sociale al social, e la differenza sta tutta in quell’indice della mano usato come si usava la calcolatrice, poggiato sugli schermi touch che sono appoggiati sull’altra mano. Sempre un po’ diffidente nei confronti del mezzo. Non accetto mai amicizie neanche virtuali dagli sconosciuti, perchè la conoscenza per la mia generazione passa sempre dal reale, da uno sguardo, da un sorriso, da un odore che a volte è puzza e allora stammi lontano!!  La mia generazione adora il cartaceo: libri, quaderni, diari e registri… io ho un doppio registro a scuola, quello ufficiale elettronico e quello ufficioso, cartaceo, perchè non si sa mai che su quello là poi scompaiano i voti…

Pur usandola, comunque, non posso dire che la tecnologia sia amica della mia generazione, diciamo una conoscente verso la quale si nutre ammirazione per le possibilità, ma anche un certo atteggiamento di superiorità di chi sa che comunque tu, a mano, avresti fatto meglio. Ecco, io salvo della mia generazione proprio questo: la consapevolezza che il reale è comunque meglio del virtuale. Il mezzo serve, se non diventa il fine.

Cindy

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