October 24, 2019

Tempo di lettura: 2 min.

“Mammaaaaaaa… posso invitare Coppo a far merenda?”

“Certo, amore. E’ un tuo amico di scuola?”

“No, mamma, non è in classe con me. Però siamo amici”

Così è entrato nelle nostre vite Coppo. Un bambino carino, simpatico e a modo. Anche ai miei genitori piaceva all’inizio, tanto che mi consentivano spesso di tenerlo a cena e a volte anche a dormire. Coppo era buffo. Non sapevi mai quando arrivava. Certo, all’epoca non c’erano i cellulari che preannunciavano una visita (e a volte sostituiscono anche una chiacchierata de visu, ma questa è un’altra storia…) e lui arrivava senza suonare, ma io sapevo quando sarebbe passato e mi facevo trovare pronta. Adoravo giocare con lui: ricordo interi pomeriggi trascorsi tra una risikata e una monopolata… e le partite a palla tennis contro il muro del cortile: lui era decisamente più forte di me, ma ogni tanto mi lasciava vincere. E la domenica, quando tutta la famiglia allargata andava in gita (sette persone in una R4), io e Coppo ci sedevamo nel portabagaglio e ci divertivamo a guardare il paesaggio dal vetro del portellone, uguale al maxi schermo di un cinema.

Poi un giorno Coppo cominciò a parlarmi di Clara, una sua nuova amica. Ricordo ancora quella sensazione di odio profondo che provai al solo suono di quel nome: Clara, come l’amica di Heidi. Clara, come Clarabella di Topolino. Clara, come zia Clara di Vita da strega. Insomma, il nome di una comparsa di cartoni e telefilm degli anni ’70 poteva mai essere la protagonista della vita di Coppo? E, un giorno funesto, Coppo portò Clara da me. Bella era bella, non discutevo, ma quanto era antipatica!! E Coppo pareva pendere dalle sue labbra! Ricordo che un giorno le diedi una spinta perché imbrogliava a carte e Coppo prese le sue difese. Ahaa!! Che odio!!

Non ricordo quando successe esattamente e non so dire se c’entrasse anche l’arrivo di Clara, ma ad un certo punto i miei genitori non volevano più che frequentassi Coppo. Dicevano che dovevo smetterla. Che ero grande e che Coppo non era come io lo immaginavo. Anzi, dicevano proprio che Coppo era immaginario! Ma io lo vedevo. Ci giocavo interi pomeriggi. Dividevo con lui la merenda. Come poteva essere possibile?

Mi portarono persino dalla pediatra, ma non volevo vedere… o meglio, erano loro a non vedere! Una sera mio padre prese Coppo per un braccio e lo trascinò verso il Garza, il fiumiciattolo che scorreva vicino a casa nostra, intenzionato a buttarcelo dentro. Riuscii a salvare Coppo con uno scatto felino e lo frequentai ancora per qualche tempo, ovviamente senza farne parola coi miei genitori. Gli portavo qualcosa da mangiare, sempre di nascosto, perché a tavola non c’era più posto per lui. Un pomeriggio  eravamo in cortile a giocare io e Coppo. Mio padre tornò prima dal lavoro e ci vide. Afferrò Coppo, lo caricò sulla sua 128 bianca e lo portò via, abbandonandolo in Maddalena. Ricordo lo sguardo sconvolto di Coppo che mi guardava dal finestrino, invocando il mio aiuto… io provai a rincorrere l’auto, ma senza successo. Piansi quella sera e anche le sere a venire. Fino al giorno in cui nacque mio fratello e Coppo uscì definitivamente dalla mia vita. Ogni tanto però ci penso. E, quando il mio sguardo volge alla Maddalena, mi chiedo… come sarà diventato il mio Coppo? Avrà sposato quella strega di Clara??

Cindy

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