April 9, 2020

Tempo di lettura: 2 min.

C‘è stato un tempo nel quale boicottavo la Walt Disney in quanto multinazionale con il monopolio sull’happy end, per cui con fare snob evitavo le fiabe disneyane cercando quelle originali. Poi sono diventata madre. E in casa è entrato il magico mondo di Disney con tutti quei simpatici animaletti che a me son sempre stati sulle pa… (con un po’ di orgoglio ci tengo a dire che se con il primo figlio Disney è entrato prepotentemente nella nostra casa, con la secondogenita se n’è uscito dalla finestra: lei non ama i cartoni). Ma torniamo a quegli animaletti. Partendo da Biancaneve, uno dei primi cartoni targati Disney, diventano protagonisti, per fortuna muti, scoiattoli, uccellini, daini e caprioli che aiutano la fanciulla in varie faccende e le salvano la vita chiamando i nani nel momento del pericolo. Se passiamo in rassegna tutte le fiabe disneyane, non potrete che darmi ragione: più andiamo avanti negli anni e più gli animali prendono parola e spazio all’interno della sceneggiatura, evidentemente di pari passo con il movimento animalista.

Nella Sirenetta di Andersen, il mondo marino è perfettamente descritto ma non esiste né il pesce Flounder e neanche il granchio Sebastian. A dire il vero neanche lei ha un nome. C’è una nonna che comanda nel regno e svela alla Sirenetta (sesta di sei sorelle, orfane di madre e con un padre che non ha alcun ruolo nella fiaba, e appassionata del mondo umano) che al compimento del suo quindicesimo anno di età sarebbe potuta andare a galla per vedere il mondo degli uomini. La nonna le svela anche che sarebbe potuta diventare umana solo se un uomo (guarda che caso!) l’avesse amata di un amore autentico così com’era, con coda e tutto il resto. Ovviamente quando la sirenetta va a galla si scatena una tempesta, e la nave che era vicino a lei affonda. Lei salva il principe,  il principe le vede il viso, se ne innamora, ma lei è costretta a ritornare nel mare poiché è una sirena. Simile al cartone fin qua.

Non credendo che il principe potesse amarla in quanto sirena, si rivolge alla strega del mare che, tagliandole la lingua, le sottrae la voce e con il sangue ricavato dal taglio, le dona due gambe che la faranno soffrire come due lame taglienti ad ogni passo, altro che “Io l’amore darò, a chi vorrà..!” Inoltre, per non farle mancare nulla, le ricorda che deve fare innamorare di sé il principe, altrimenti sarebbe diventata schiuma di mare. La Sirenetta si presenta al principe, che la chiama “la mia TROVATELLA”, sì avete capito bene, la mia trovatella.. e lui la trova carina, somigliante un pochino alla fanciulla che gli aveva salvato la vita, ma non se ne innamora, questo è evidente: la tiene, in attesa di trovare quella giusta. E quella giusta arriva: la figlia del re confinante, un classico! Promesso sposo alla figlia del re confinante, si reca da lei portando con sé la poveretta, che è muta e soffre le pene dell’inferno ad ogni passo. Quando lui vede la principessa, è convinto di aver trovato la fanciulla che gli aveva salvato la vita e se la sposa. E la sirenetta è spacciata: destinata a diventare schiuma del mare. Le sorelle tentano un’ultima carta: vanno dalla strega del mare, la quale in cambio delle loro chiome dà loro un coltello, con il quale la sirenetta avrebbe dovuto uccidere il principe e ritornare sirena. Ma lei è troppo innamorata e non riesce ad uccidere l’amato… e muore, ritornando schiuma del mare. Tremendo, terribile, crudele. THE END.

Ora pensate che cosa ne ha fatto Disney di questa tragedia: la strega è cattiva, non il principe che evidentemente non voleva una moglie muta. Pesci, granchi e pellicani che intervengono pesantemente nella storia, deviando il corso degli eventi. Pure un cane che con il mare ha poco a che fare, interviene. La principessa è la strega che si è trasformata più per bramosia di potere che per amore. E l’happy end? Sdolcinato e melenso. Ariel è in balia degli eventi, della stregoneria e di animali parlanti: non le viene data alcuna responsabilità nel bene e nel male. La sirenetta di Andersen sceglie di essere altro, si prefigge un obiettivo che non dipende dalle sue capacità, ma dalla cosa più soggettiva che ci possa essere: far innamorare qualcuno. Non riesce nell’intento prefissato e ne paga le conseguenze, anche se questa cosa è tristissima. Ha la possibilità di vendicarsi di quel fetente del principe, ma l’amore per lui è più forte della sua stessa vita e sceglie la morte per non vivere da sirena una vita che non avrebbe senso senza il suo principe. Ragazze, la sirenetta di Andersen ha uno spessore quasi da eroina delle tragedie greche, altro che quella sottospecie di principessa a cui l’ha ridotta Disney. E non vissero felici e contenti. Ma come Partenope, che, non essendo riuscita a sedurre Ulisse, si suicida sugli scogli laddove nasce una città a ricordarla, così la sirenetta vive la sua vita eterna su uno scoglio davanti a Copenaghen.

Cindy

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