April 16, 2020

Tempo di lettura: 2 min.

Ehi. Scusate il saluto sbrigativo, ma sono in fissa. Ossessione, turbamento, demone, anticamera della psichiatria, chiamatela come preferite, ma dal primo giorno di quarantena c’ho un chiodo fisso abbastanza incurabile. Mi sto vantando da un mese del mio eccellente grado di sopportazione alla quarantena, e finisce che vado ai matti a forza di pensare a quelle persone che devono amarsi a distanza. Voglio dire, le mogli stanno con i mariti e i figli coi genitori? E tutti gli altri?! Le single? Quelle che sono innamorate, che so, del commesso di un negozio di vestiti o del barista della pasticceria del centro, che sono chiusi?? Quelle che navigavano sui siti di incontri, chi incontrano??? E quelle che avevano ottenuto il primo appuntamento?? FOLLIAAAAAA!!! Loro che fanno?? Cosa fate?? Vi lascio il numero di telefono in fondo all’articolo, CHIAMATEMI! Ditemelo! Robe da matti. Io giuro che non riesco a capacitarmi. Esci una sera a cena, senti le sue dita che sfiorano le tue mentre uscite dal ristorante e i pensieri che ronzano nella mente: “come lo saluto, adesso? Glielo mollo questo bacio? Solo il bacio. Che non sia mai che pensi…”. Chiusi per quarantena. Addio. A questo punto, col senno di poi, potevi pure dargliela, voglio dire, comunque non ti richiama, giusto? Eccerto che non richiama, vai tu a sapere se sta bene!!! Vi ricordate quando abbiamo parlato de “La verità è che non gli piaci abbastanza”? Eh? Rimembrate? Io mi ero scagliata come un pirata all’arrembaggio per i motivi di cui sopra, condannando a pulire la cambusa coi gomiti tutte quelle donne che sguazzavano nella scusa “non mi richiama perché probabilmente è entrato in coma”, così avevo scritto, pensando che la scusa medica fosse la peggiore, l’irrealizzabile, l’innominabile, e adesso devo ammainare le vele!! La scusa medica non è più la regola, è diventata l’eccezione, e non la possiamo nemmeno definire “scusa”! Sto iperventilando. Quando mi si toglie la terra sotto ai piedi, iperventilo.

Avete presente quel difficilissimo momento storico che segue il primo appuntamento? Quello in cui piangi se il telefono prende solo una tacca e ti suicidi di analisi minuziose della serata, pensando a quando e come hai sbagliato (perché lo sai, devi avere fatto un passo falso, lo senti dentro di te) nonostante le tue amiche sostengano il contrario, fino a che:

  1. Non ti richiama e passi alla scusa “gli hanno rubato il telefono e il computer e le mani”
  2. Richiama e passi al secondo appuntamento e poi al terzo e poi…

In una situazione normale. Ma in quarantena, uno che fa? Immagino il caos allo stato gassoso, una nebbia che ti ottunde il cervello e ti fa fare cose ignominiose.

“Pronto? Ehi, ah… sono quella con cui sei uscita l’altra settimana. Che roba, eh? Mbeh, non posso uscire di casa. Tu nemmeno? Eh, si. Brutta faccenda. Ma… ecco, se non ci fosse il Corona Virus, voglio dire, saremmo… saremmo usciti ancora, no?”. Immagino i maschi che prendono la palla al balzo. Stanno cercando di ricordarsi chi sei e come mai hai il loro numero, ma cinguettano “ovvio, certo, peccato che non possiamo” e prima che tu possa consigliare loro teneri romanzi come “L’amore ai tempi del colera”, senti l’inequivocabile tu-tu-tu-tu che pone fine alla conversazione. E quelli che sono fidanzati ma abitano ancora a casa con i genitori?? L’apoteosi. Decidono di andare a convivere? Costretti dal Corona virus? Ma i genitori, dove li mettono? Chi vive solo magari si butta, ma sì, facciamolo, il grande passo, altrimenti sarebbe straziante vivere lontano da te. Va a finire che si accoltellano perché non si sopportano, non sono abituati, poverini. Non possono uscire a farsi quattro passi, devono stare tra le mura domestiche e impazziscono. Oppure decidono di sposarsi perché si trovano bene, romanticamente uniti quando fuori piovono contagi, stretti stretti sotto l’ombrello del loro amore. Vorrei chiederle di sposarmi, pensa lui, ma le gioiellerie son chiuse. Proposta alternativa? Mi inginocchio e le passo una patatina al formaggio, quella rotonda col buco, e le ci faccio infilare l’anulare. Tanto comunque non ci possiamo sposare…

Scenari apocalittici. Io c’ho ‘sto chiodo. Ognuno ha i suoi, no? Certo, mi sarei definita con un gran numero di aggettivi qualificativi, ma non avrei mai pensato di infilarci il “romantica”, anche se sospetto sia più calzante il “non si fa mai i cazzi fatti suoi”. Eddai. Conte dovrebbe porvi un rimedio altamente igienizzato, grazie a cui i cuori solitari possono tornare alla ricerca del loro amore. Che so, spazi adibiti all’incontro, rigorosamente all’interno degli stessi confini geografici (chi abita a distanza, comunque soffre per la distanza, no? Si chiama “relazione a distanza”), con tanto di numeretto e fila fuori per evitare assembramenti. Entrano in coppia, ma da due porte diverse. Oppure si potrebbe aggiungere un’autocertificazione valida per gli spostamenti per amore, e Lui potrebbe andare a trovare Lei e darsi fuoco con l’amuchina prima di entrare… scoppio di idee. Ciao. Scusate il saluto sbrigativo, ma devo scrivere a Conte.

Giulia

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